“Persone nuove in Cristo Gesù. Testimoni di relazioni autentiche e redente” – Documento della XV Assemblea Elettiva

caltagirone 1.    Nel cammino della Chiesa diocesana Celebriamo la XV Assemblea diocesana nel tempo in cui la Chiesa calatina si prepara alla ricorrenza del secondo centenario della fondazione della Diocesi di Caltagirone. In questo cammino, accogliamo e facciamo nostra l’esortazione del Vescovo, mons. Calogero Peri, a «ritrovare anche per noi, per il nostro tempo, un’altra via a partire dalla fede vissuta, sulla quale procedere con la luce negli occhi e la speranza nel cuore»  e, con animo grato a Dio, Signore della storia, per aver condotto la piccola porzione del suo popolo radunata nella famiglia associativa diocesana, rivolgiamo a tutti i soci l’appello ad essere testimoni di relazioni autentiche e redente; compagni di viaggio, gioiosi e affidabili, di tutti i fratelli e le sorelle che incontreremo lungo la nostra strada.

In questo modo vogliamo offrire il nostro contributo sia alla crescita nella comunione ecclesiale e nel servizio per una pastorale ordinaria che sia sempre più una pastorale d’insieme e non settoriale, di cambiamento e non di conservazione; sia alla promozione umana, sia alla giustizia sociale.

Interrogati dalla Parola di Dio, in ascolto dello Spirito, e «interpellati dalla vita delle persone, a cui vogliamo innanzitutto offrire la testimonianza della speranza e della gioia che nascono dall’incontro con Cristo»  ci domandiamo: come poter essere corresponsabili della gioia di vivere?

Il Vangelo ci indica molte strade, la prima e la più importante è la strada dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo, nella concretezza della vita.

Nella nostra vita, nella vita degli uomini e delle donne del nostro tempo, vogliamo essere, per ognuno, segno di speranza, annuncio di gioia, possibilità di ri-nascita nella storia e nello Spirito.

Sull’esempio di Gesù, siamo chiamati a trasformare ogni incontro in un’opportunità di vita vera, in un’apertura al progetto di Dio. Il volto di ogni fratello e di ogni sorella, che gioisce e spera, che soffre e geme, dei poveri, dei disoccupati, degli emarginati e dei migranti in particolare, è per noi il volto della samaritana che Gesù incontra al pozzo (cf. Gv 4,1-26).

Facciamo tutti esperienza di un modo di stare al mondo che non può bastare a se stesso, di uno stile di vita che pone alcune domande di senso, ma che spesso non riconosce i bisogni veri e nasconde i disagi e le difficoltà.

Nel dialogo con la samaritana Gesù ci indica, invece, la possibilità di uno stile di vita accogliente e profetico, che si apre alla possibilità della conversione del cambiamento.

Un modo relazionale che si orienta a tutto ciò che non abbiamo mai avuto il tempo di vedere, con occhi attenti, nella nostra vita: ad uno spazio e a un tempo nuovi che ci rivelano i segni di Dio per noi e le nostre risorse.

La samaritana si confronta con Gesù su numerose esperienze della sua vita: sulla diversità culturale, sulla realtà familiare, sulla sua vita affettiva. Ma tutto questo non basta. Gesù la invita ad essere una donna “nuova”. Ed ecco, si apre per lei il tempo della comprensione e della salvezza.

La conversione è cambiamento, ma è anche, finalmente, scoperta della propria esistenza. È un’opportunità che tutta l’associazione, e in essa ogni socio, è invitata a sperimentare nel suo cammino.

Nell’incontro con Gesù, la samaritana si vede restituita se stessa, non nella forma di ciò che lei dovrebbe essere, ma nella verità di ciò che lei è. Così lei nasce a se stessa grazie a lui, ma nella misura in cui riconosce che lui è di più, che lui è più grande.

Siamo tutti chiamati alla verità della nostra esistenza. Saremo corresponsabili della gioia di vivere se saremo in grado, e lo vorremo veramente, di convertici alla verità di noi stessi e degli altri; se sapremo aprirci alla reciprocità che ci svela la vera dimensione della nostra vita; se sapremo accogliere il progetto di Dio per noi.

2.    Nella compagnia degli uomini

In questo momento in cui tutti siamo chiamati a pensare il cammino del nuovo triennio associativo, vogliamo esprimere il nostro desiderio di parlare alla vita nella concretezza delle relazioni quotidiane, di ogni relazione: con Dio, con noi stessi, con i fratelli e le sorelle.

Vogliamo aprirci alla via nuova che ci indica Gesù, fidandoci degli altri, resistendo alla «tentazione di pensare che sappiamo tutto noi o che siamo detentori del bene, della verità, della soluzione migliore» .

La strada che Cristo ci indica non è solo quella che ci porta a lui, ma, essendo egli stesso la via, è quella che percorriamo quotidianamente – in famiglia, in parrocchia, nelle amicizie, a lavoro, nelle nostre città – «quando veramente incontriamo noi stessi nell’umiltà, gli altri nella gioia, il mondo nella bellezza» .

Vogliamo rivolgere particolare attenzione alla famiglia e ai fenomeni che la riguardano.

Nel corso del nuovo triennio desideriamo interrogarci su quali siano le modalità di relazione che i nostri gruppi possono stabilire e svolgere nel contesto attuale, consapevoli delle difficoltà culturali, sociali ed economiche che la famiglia sta attraversando.

Ci impegniamo altresì, in spirito di comunione con il nostro Vescovo, i nostri parroci, l’intera comunità diocesana, affinché le parrocchie siano, sempre più e sempre meglio, luoghi in cui si sperimenta la gioia dell’incontro con Cristo e dove le persone si sentano a casa propria; luoghi «di vita autentica, di relazioni redente, gara per stare all’ultimo posto, per offrire il proprio servizio quando e se ce lo chiedono. Mettendo finalmente da parte le invidie mal celate, le gelosie che non ci permettono di gioire dei doni dei nostri fratelli, o quella voglia di primeggiare, di essere al centro dell’attenzione, di ritenerci indispensabili, più bravi degli altri, capaci di fare tutto» .

Desideriamo, in ultimo, vivere la popolarità dell’associazione con quel sentimento che fu del Servo di Dio don Luigi Sturzo, il quale guardava al popolo come forza morale e sociale, luogo di resistenza etica, coscienza collettiva, personalità che si storicizza nella cultura propria e nelle narrazioni della tradizione, e che vive la profezia del bene comune nell’attesa del Regno di Dio.

In quanto associazione popolare intendiamo impegnarci con slancio e generosità per le nostre comunità civili, contribuendo a promuovere il bene comune, costruendo il tessuto della convivenza civile e rendendolo spazio di vita buona per qualsiasi cittadino. L’apertura al territorio – a misura di ciascuna età – è per noi segno tangibile di un’associazione visibile e che vuole partecipare attivamente e responsabilmente alle dinamiche della vita civile.

Vogliamo riaffermare il valore dell’impegno laicale confrontandoci con il volto concreto delle persone e abitando quelle prassi partecipative che rendono viva la democrazia nella quotidianità .

3.    Per una Chiesa-casa accogliente

Convocati dall’amore di Dio per il suo popolo, ci impegniamo ad essere «fermento di Dio in mezzo all’umanità» .

Maria, la Madre di Dio, ci educa alla «forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto» , il vero stile dell’evangelizzazione. Lei ci invita all’accoglienza, all’ascolto, all’attenzione, al dono, alla gratuità, alla disponibilità a Dio Padre che fa «nuove tutte le cose» (Ap 21,5).

Lei per prima si è lasciata visitare dallo Spirito e lo ha accolto accettando di mettere in discussione tutti i suoi progetti (cf. Lc 1,26-38). Con il suo sì all’Angelo lei diviene arca dell’alleanza in quanto dimora del Signore (cf. Es 40,35). Non tiene, però, per sé, questo dono, e decide di mettersi in viaggio per andare dalla cugina Elisabetta (cf. Lc 1,39-45). Maria, dimora del Signore, diventa tenda ospitale, casa del popolo di Dio.

Il viaggio di Maria è contrassegnato dall’urgenza di annunciare la salvezza che avverte chi porta in sé il Messia e desidera condividere questo dono inestimabile. Il suo è un viaggio missionario: è mossa dall’amore e dalla gioia messianica.

Entrando nella casa della cugina, Maria ed Elisabetta sperimentano la bellezza dell’incontro concreto tra due persone, due donne che si accolgono reciprocamente. È un incontro all’insegna della gratuità e dell’ospitalità dell’altro. Così diviene possibile lo scambio dei doni: al saluto di Maria, lo Spirito colma Elisabetta, la quale risponde a sua volta con la benedizione: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42).

Alla scuola di Maria, l’associazione, palestra di santità, vuole imparare un nuovo stile di incontro, in Cristo Gesù, con gli uomini e le donne del nostro tempo. Uno stile gioioso, sobrio, attento, aperto, misericordioso, coraggioso, profetico.

Se, nel rapporto con il mondo, siamo chiamati a rendere ragione della speranza che è in noi (cf. 1Pt 3,15), è anche vero, come insegna Papa Francesco, che siamo invitati a testimoniare questa speranza con uno stile relazionale dal quale traspaia la novità che annunciamo, l’incontro con Cristo; uno stile che non è quello dei «nemici che puntano il dito e condannano. […] Gesù Cristo non ci vuole come principi che guardano in modo sprezzante, ma come uomini e donne del popolo» .

Nella vita associativa, ad ogni livello e in ogni contesto, nei gruppi, nelle assemblee, nei consigli e nelle presidenze, si sperimenti la bellezza dello stare insieme come fratelli (cf. Sal 133) e il discernimento dei segni dei tempi (cf. Mt 16,4; Lc 12,54-56). L’associazione sia comunità unita, educata alla verifica, all’esame, alla riflessione su se stessa, le sue prassi, le sue regole; comunità nella quale si faccia esperienza di comunione, di amicizia, di rinnovamento.

Nella famiglia associativa gli adulti siano custodi della fede per le giovani generazioni; come San Giuseppe, il custode del redentore , vivano la loro vita come servizio all’amore; i giovani siano «il campo della fede! [..] gli atleti di Cristo! […] i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore» ; i ragazzi rispondano «con generosità al Signore che [li] chiama alla sua amicizia» .

Siamo laici chiamati a vivere la «missione al cuore del popolo»  abitando le periferie esistenziali di questo nostro tempo; a nutrirsi di una spiritualità e di una formazione integrale; a vivere consapevolmente la propria storia, individuale e comunitaria, incarnata in un luogo ben preciso e vissuta con persone concrete.

Vogliamo «chiedere a Maria di farci crescere nella fede; di aumentare la nostra fiducia nel Signore e nella sua Parola; di guidarci nei sentieri difficili della vita; di renderci discepoli fedeli dell’unico Maestro; ascoltatori attenti di Colui che ha per tutti noi parole di vita eterna. Maria, Madre e modello della Chiesa, ci insegni a lasciarci guidare dallo Spirito Santo, sia quando sappiamo come e che cosa fare, sia quando non sappiamo dove andare. E quando la proposta di Dio supera la nostra intelligenza e ci sembra superiore alle nostre forze, che anche noi ci possiamo abbandonare, come Lei, alla sua volontà e al suo progetto, pronunciando senza riserve il nostro: “Eccomi”. E così avvenga anche di noi secondo la sua Parola» .

4.    La profezia di un laicato adulto

Preparandoci al nuovo triennio associativo vogliamo ribadire il nostro sì a Dio e alla sua Chiesa, nell’opera di «trasformazione delle va¬rie realtà terrene affinché ogni attività umana sia trasformata dal Vangelo» . Nessuno di noi, inoltre, si senta «esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale».

Vivremo la nostra vocazione laicale, tanto più autenticamente, quanto più sapremo riscoprire la singolarità ministeriale dell’associazione per la Chiesa e per il mondo. È, infatti, nell’approfondimento della propria identità che l’AC trova la fonte della vitalità pastorale all’interno della Chiesa. Un’associazione “adulta” rende tutta la comunità in cui opera più attenta a cogliere il suo ministero.

Nel discorso ai partecipanti alla III Assemblea nazionale, Paolo VI affermò che «l’AC ha un posto non storicamente contingente, ma teologicamente motivato nella struttura ecclesiale, perché chiamata a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale» .

La coscienza della singolarità del ministero dell’AC fa sì che l’associazione viva con sempre maggiore responsabilità il suo carisma e ministero corrispondendo «alle esigenze particolari del momento, opportunamente interpretando i segni dei tempi e trovando le soluzioni più adatte alle mutevoli istanze dell’evoluzione storica» .

Aderire all’Azione Cattolica Italiana è, pertanto, entrare in una storia ultracentenaria di uomini e donne che hanno dedicato la propria vita a Cristo, scegliendo di servirlo là dove Cristo si “fa carne”, nel tessuto vivo cioè della comunità ecclesiale e civile; vuol dire partecipare alla fitta trama di relazioni intra ed extra ecclesiali, in cui l’AC esprime la propria identità di associazione di laici che vivono il carisma della corresponsabilità con i propri pastori.

Vogliamo proporre con convinzione agli uomini e alle donne di oggi, ai giovani, ai ragazzi di aderire all’associazione, ribadendo il legame con le radici e assumendoci l’impegno, individualmente e associativamente, a contribuire all’autonomia economica dell’ACI ad ogni livello.

Rinnovare l’adesione all’Azione Cattolica è, dunque, un’occasione per riscoprire l’impegno ad essere una presenza responsabile e formata di laici per l’attuazione delle opere di evangelizzazione, tramite il proprio contributo critico e profetico nei luoghi di analisi programmatica, di studio e di collaborazione con la gerarchia ecclesiastica e con le altre aggregazioni laicali.

La «singolare forma di ministerialità» dell’AC trova nella laicità la propria specificazione. Essa si realizza pienamente nella scelta democratica, in quella metodologia fondata sul discernimento e sulla condivisione, che rende tutti e ciascuno, nel confronto, protagonisti della vita associativa e costruttori del suo futuro; e che ha nel servizio l’espressione di un modo di stare insieme alternativo e sempre nuovo.

Il nostro impegno, nella Chiesa e nella comunità civile, sia ispirato dalla partecipazione all’Eucaristia, dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera. «La cura dell’interiorità è essenziale in ogni stagione della vita. Alimentare la nostra vita spirituale, per riuscire a coniugare tutte le dimensioni della persona, spalanca il nostro sguardo attento e amorevole sul mondo. Saper guardare dentro di noi è indispensabile per rispondere alle domande più profonde, ci spinge alla ricerca, illumina la lettura e la comprensione di ciò che accade intorno a noi, aiuta a compiere scelte coraggiose nella vita di ogni giorno, a rispondere pienamente e con gioia alla nostra vocazione. Occorre che tutta l’Associazione rafforzi l’impegno, soprattutto in questo tempo così complesso, affinché il cammino spirituale sia coltivato a partire dai più piccoli, educandoli a stupirsi, a scoprire e a vivere, a loro misura, l’incontro con il Signore della vita e maturare scelte autentiche di sequela».

I responsabili e gli educatori siano opportunamente formati e accompagnati a livello parrocchiale e diocesano; siano testimoni della gioia di Cristo; custodiscano con amore le persone che sono loro affidate; siano esperti in relazioni umane orientate al bene, alla verità, alla libertà.

Allo stesso tempo, consapevoli che «la formazione dei laici e l’evangelizza¬zione delle categorie professionali e intellettua¬li rappresentano un’importante sfida pastorale» , ribadiamo la priorità della formazione nella vita dell’associazione e dell’accompagnamento, anche personale, dei responsabili e degli educatori. Il Laboratorio diocesano della formazione sia potenziato e valorizzato in ogni suo aspetto e in coerenza con gli obiettivi fissati da questa assemblea e declinati programmaticamente dal consiglio e dalla presidenza diocesana, affinché venga resa sempre più capillare la rete formativa.

5.    Affidamento a Maria SS.ma del Ponte

Oggi e nel tempo che il Signore ci dona, ci accompagni Maria SS.ma del Ponte, colei che partecipando al mistero dell’incarnazione e della redenzione di Gesù, ci indica la strada della debolezza e della tenerezza, dei sentimenti e dell’amore per annunciare e far vedere agli uomini l’uomo nuovo in Cristo Signore (cf. Rm 6,4, 2Cor 5,17, Ef 4,22-24, Col 3,9-10).