Boom di iscrizioni alla STB… Teologia che passione!

I numeri parlano da sé. Gli iscritti al 1° anno della Scuola Teologica di Base (STB), sono quasi 300, distribuiti nei 4 centri di Caltagirone, Grammichele, Ramacca e Scordia. Un successo che va oltre le più rosee previsioni e conferma la bontà di un’iniziativa fortemente voluta dal nostro vescovo mons. Peri e l’efficacia della formula adottata. Diciamocelo francamente: quanti ci avrebbero scommesso? Non alludo ai soliti profeti di sventura, per i quali ogni iniziativa è condannata in partenza a essere un flop. Ma c’è una tentazione più sottile, e per ciò stesso più pericolosa, che può insinuarsi in ciascuno di noi: la tentazione del disincanto, per cui guardiamo con sconfortato scetticismo ad ogni proposta di cambiamento. Assuefatti a discorsi ispirati ai toni dell’apologetica vecchia maniera o del catastrofismo apocalittico, ci fa paura la modernità; così riteniamo che sia meglio chiudersi in un atteggiamento rassegnato e difensivo di fronte ad un mondo che ci inquieta, invece di attrezzarci culturalmente per rispondere adeguatamente alle domande di senso che la società complessa pone alla comunità credente. Ci occorre un surplus di speranza per poter vedere nella Chiesa non solo il refugium peccatorum, ma anche il lumen gentium. Dobbiamo dunque essere grati al nostro vescovo che ci sollecita a guardare avanti e oltre.
Quali le ragioni del successo della STB?
In primo luogo, è chiaro che il messaggio che si voleva trasmettere è passato, anche se non mi pare grazie allo spiegamento di straordinari strumenti di comunicazione di massa. I volantini, i depliants, gli interventi alle iniziative pastorali diocesane, che si sono utilizzati per propagandare la STB, non spiegano da soli la buona riuscita dell’iniziativa, che deve il suo successo più che alla grancassa mediatica, al passa parola personale. La comunicazione è dunque stata efficace perché il messaggio che veicolava è stato ritenuto interessante.
Ma ragioniamo più in dettaglio:
1. La proposta è piaciuta perché è pensata innanzitutto per la crescita formativa personale, senza essere finalizzata esclusivamente all’abilitazione a ruoli ecclesiali e pastorali; chi ha aderito lo ha fatto perché si è sentito interpellato nel proprio “essere cristiano” e non in vista del proprio “fare” nella Chiesa.
2. L’iniziativa intercetta una domanda diffusa di formazione teologica qualificata, mai come oggi necessaria per la crescita del sensus fidelium, eppure sinora inevasa dalle pur lodevoli e molteplici proposte formative, catechistiche e di spiritualità attivate in diocesi. Conforta sapere che nella Chiesa calatina è maturata la consapevolezza che l’analfabetismo teologico non è più ammissibile nel terzo millennio.
3. L’offerta formativa della STB, pur mantenendo il carattere della sistematicità e scientificità proprie degli studi teologici, si caratterizza tuttavia per essere una proposta di base, non esclusiva ma inclusiva, popolare senza essere superficiale. Essa, proponendo un piano di studi non occasionale né sporadico, ma nemmeno accademico o specialistico, costituisce dunque un’assoluta novità per la nostra diocesi, anche rispetto alla meritoria opera dell’Istituto di Scienze religiose “Marcinò”, che dopo più di 20 anni di attività ha tuttavia oggi esaurito il suo compito.
4. La formula adottata, un piano di studi di 100 ore annuali per 3 anni, da tenersi nelle 4 sedi decentrate nella fascia postpomeridiana, meglio risponde alle esigenze di un target di fedeli solitamente ignorato e escluso dalla pastorale ordinaria delle parrocchie; e difatti la presenza dei 30/50enni tra gli iscritti è cospicua.
L’idea della Scuola Teologica di Base è improntata dunque ad una piccola rivoluzione copernicana: una proposta formativa a misura d’uomo; che non chiede alle persone di essere a misura di sé stessa.
Per questo la risposta è stata straordinaria: si è venuti incontro a esigenze reali, da tempo insoddisfatte. Forse dovremmo imparare nelle nostre progettazioni pastorali a effettuare questo cambio di rotta “copernicano” che, in fondo, ci è stato chiesto dalla “svolta antropologica” del Concilio.
Un evento che, nonostante i suoi quasi 50 anni, si rivela attualissimo, indicandoci ancora oggi la via maestra per essere una Chiesa giovane.

Giacomo Belvedere