Rinnovare la cura degli Educatori. Un itinerario di formazione al servizio

1.    Promuovere il dono: il servizio educativo espressione della gratuità
Cosciente dunque della centralità della formazione, l’Azione cattolica vuole impegnarsi per promuovere cammini di fede in grado di far emergere disponibilità ampie e solide al servizio, in particolare al servizio educativo. Si tratta di percorsi che abbiano questi obiettivi di fondo:
–    scoprire la dimensione vocazionale del servizio, da vivere come risposta gratuita ad una chiamata del Signore, come frutto bello del proprio Incontro personale;
–    l’acquisizione di competenze umane e relazionali che permettano di ascoltare e comprendere l’uomo di oggi, di annunciargli la Buona Novella;
–    l’acquisizione di competenze ecclesiali che permettano di svolgere il proprio servizio nel cuore della Chiesa;
–    l’acquisizione di conoscenze associative che permettano di svolgere il proprio servizio secondo le modalità proprie dell’Ac.

Solo un percorso con queste caratteristiche permette di fare del servizio educativo in Ac un servizio davvero gratuito, a cui ci si appassiona perché attratti dal Signore che dona in modo sovrabbondante, che ama senza misura, e non per desiderio di protagonismo, di visibilità, di gratificazione.

1.1    La dimensione vocazionale
Alcune indicazioni per la cura della dimensione vocazionale:
–    accompagnare i giovani e gli adulti nella scelta di un servizio educativo significa aiutarli e sostenerli in un cammino in cui si acquisisce consapevolezza dei proprio talenti e dei propri limiti. In questo modo si centreranno le modalità del servire sulla propria originalità, e non su modelli standard spesso irraggiungibili.
–    Necessario è poi aiutare a comprendere che tutta la vita va concepita come risposta ad una chiamata; è Dio che ci chiama personalmente, che ci invita alla responsabilità, in modo speciale alla responsabilità verso tutti i fratelli;
–    occorre inoltre sostenere nel decentramento da sé e nel successivo ricentrarsi in Cristo. L’educatore assume Gesù come misura del proprio sentire, pensare, agire. Chi si forma a questo compito sa che è Dio ad agire, e non lui. Assumere la condizione di “servi inutili” aiuterà nello svolgimento del servizio.
Curare la dimensione vocazionale permetterà al giovane e all’adulto di individuare anche ambiti di servizio diversi da quello educativo, pure importantissimi per la vita dell’associazione, della Chiesa e dei territorio (culturale, socio-politico, liturgico…). Non tutti, in Ac, devono essere educatori! Anzi, la molteplicità dei carismi renderà più ricco il cammino formativo di tutta l’associazione locale.

La pratica della Parola aiuterà in questa costante ricerca vocazionale.

1.2    Le competenze umane e relazionali. L’educatore è un testimone nell’ordinario.
Il servizio educativo, proprio perché non si limita ad un generico attivismo pedagogico ma ha a cuore di introdurre ragazzi, giovani ed adulti all’esperienza della vita nuova in Cristo, è un modo con il quale adulti e giovani dell’associazione rendono ragione della loro fede.
L’acquisizione di specifiche abilità o professionalità non sostituisce mai questa dimensione testimoniale del servizio educativo, ma lo qualifica con un profilo di necessaria competenza. Con la stessa cura ed intelligenza vanno allora coltivate sia la gratuità, la passione educativa e la dedizione personale sia la competenza, la professionalità e l’aggiornamento.

Ma prioritario è, per questo servizio, avere un tratto umano forte. Ecco alcune indicazioni di massima:
–    i giovani e gli adulti devono essere aiutati a mettere realmente la persona al centro: vuol dire dare forte rilevanza alle domande, ai sentimenti, alle paure, al tutto che l’altro porta con sé. Questo “tutto dell’altro” è la vera ansia evangelica dell’educatore.
–    occorre dunque sostenere le nuove generazioni di educatori a cercare l’altro, anche il più lontano, non solo ad attenderlo nei locali parrocchiali; significa essere persone davvero popolari, che vivono i luoghi dell’altro, i tempi dell’altro, anche fuori dall’orario tipico dell’incontro associativo; occorre formare inoltre a cercare spazi sempre nuovi e diversificati di incontro, aggregazione e annuncio;
–    i chiamati al servizio educativo, oltre ad un’ampia capacità di ascolto, devono possedere un’esperienza di vita, e una pratica personale di discernimento, che permetta di comprendere davvero, e quando necessario orientare, i moti dei propri compagni di viaggio. Gli educatori sono persone vere, in carne e ossa, dentro il mondo, esperte dunque di umanità, capaci di sintesi tra fede e vita utili anche per chi fa loro riferimento.
–    Accompagnare a questo servizio significa anche accompagnare ad una capacità di reale empatia, accoglienza, calore con chiunque incontrino sulla strada e negli ambienti di vita, prima ancora che in parrocchia;
–    il tratto umano emerge anche nel momento esplicito dell’annuncio: esso è modulato sulle sensibilità dell’altro, rispettoso dei tempi, capace di far emergere la bellezza di Cristo, la bellezza del camminare insieme e dell’essere Chiesa;
–    più forte ancora dell’annuncio esplicito è quello implicito, fatto dai gesti, dai pensieri, dai sentimenti e dai comportamenti esemplari dell’educatore cristiano, che “fa parlare la vita”.
Queste competenze umane non si esercitano solo verso l’educando! Sono un tratto caratterizzante del laico di Ac. E sono anche la modalità primaria attraverso la quale ciascuno può rendere affascinante il Signore per i lontani.

La pratica del discernimento e di una relazionalità intensa aiuteranno in questa ricerca “umana”.

1.3    Le competenze ecclesiali. Educatori insieme.
Si è educatori in una comunità. Tale servizio non è una responsabilità che si esercita a titolo personale. Vi è pertanto una responsabilità dell’intera comunità, e dell’associazione, nell’accompagnamento della vocazione educativa di ciascuno. Ma vi è anche un dovere, da parte del giovane e dell’adulto che vogliono maturare in questo servizio, a comprendere cosa voglia dire “essere Chiesa”.
Alcune indicazioni:
–    orientare a vivere in modo pieno la propria appartenenza alla parrocchia, mettendo l’accento sia sulla natura “territoriale” del servizio educativo (sono al servizio di questa gente in questi luoghi) sia sulla necessità di lavorare in comunione e in rete con tutti i soggetti della mia comunità;
–    sostenere la piena appartenenza alla Chiesa diocesana, all’amicizia con i vescovi e i sacerdoti, alla conoscenza delle linee pastorali parrocchiali e diocesane;
–    sostenere la maturazione di un forte senso della propria condizione laicale, dunque della propria condizione di corresponsabile della vita della Chiesa in virtù del proprio Battesimo; da questo deriva la capacità dell’educatore di servire non in modo estemporaneo, ma dando ampio spazio alla programmazione organica e alla progettazione mirata.

La pratica eucaristica e la conoscenza dei documenti della Chiesa aiuteranno in questa ricerca “ecclesiale”.

1.4    Le competenze associative. Educatori di Ac.
In questo percorso formativo non si può non sottolineare lo specifico di essere un educatore di Azione cattolica. Significa, dunque:
–    conoscere la storia dell’associazione, almeno nei suoi punti di svolta;
–    conoscere il senso profondo della struttura democratica, delle responsabilità associative e dell’adesione;
–    vivere intensamente l’unitarietà e l’intergenerazionalità dell’associazione;
–    partecipare alla vita dell’Ac prima in quanto giovane o adulto (condizione immutabile dell’appartenenza associativa) e poi in quanto educatore (servizio al quale si è chiamati non per sempre, ma secondo le esigenze dell’associazione e della comunità…);
–    educarsi e impegnarsi a fare dell’Ac un ambiente sempre aperto, accogliente, in cui “ci si riconosce per quanto ci si ama”;
–    conoscere lo Statuto, il Progetto formativo “Perché sia formato Cristo in voi” e le Linee guida per gli itinerari formativi “Sentieri di speranza”. Da questi testi si comprende l’impianto formativo dell’Azione cattolica, le metodologie consolidate e gli interstizi in cui vanno a collocarsi nuove sperimentazioni pastorali.
Vivere l’associazione in modo pieno, dal livello parrocchiale a quello diocesano e nazionale aiuterà a nutrire questa dimensione.

I LUOGHI PER LA FORMAZIONE DEGLI EDUCATORI

1. La vita associativa
Le vocazioni educative nascono da buone prassi associative. Il patto formativo che lega tutti gli aderenti all’ACI mostra chiaramente che l’impegno educativo non è responsabilità di pochi, ma impegno di tutti.

In associazione tutti devono coltivare una passione educativa, sapendo che i modi, i luoghi e i tempi nei quali essa si esprime possono essere molti e diversi. L’impegno educativo diretto che si esprime nell’accompagnamento di un gruppo associativo non è mai delega ricevuta o offerta, ma
responsabilità esplicita in relazione con un contesto associativo che riconosce il compito educativo come imprescindibile.

Importante è allora che l’associazione abbia una programmazione, offra a tutti percorsi formativi organici, abbia responsabili adulti nella fede e con forte identità di Ac, sia inserita pienamente nella vita della parrocchia e della diocesi. L’esemplarità della vita associativa è un luogo implicito di formazione al servizio.

Inoltre, è essenziale che il sorgere di un impegno educativo sia accompagnato da persone sagge ed esperte che aiutino il discernimento personale di ciascuno, la scoperta della propria vocazione e il cammino personale libero e responsabile per aderirvi. In questa prospettiva è utile che l’impegno educativo non venga suscitato a partire dalle esigenze dell’associazione, ma sia orientato dall’attenzione alle persone e al loro cammino. Può essere in questo senso molto utile affiancare a chi vuole comprendere questo servizio un tutor (l’educatore del gruppo di chi sta facendo la scelta educativa, o un socio con notevole esperienza nell’accompagnamento delle persone…).

La qualità della vita associativa farà anche in modo che l’introduzione al servizio educativo non sia estraneo alle condizioni di vita, alle responsabilità personali e familiari, lavorative e di studio, civili ed ecclesiali di chi si rende ad esso disponibile. Al contrario esso va suscitato nel quadro di un equilibrio armonico con i ritmi e le responsabilità della vita che aiuta la maturazione stessa dell’educatore. E, soprattutto, va sostenuto dall’associazione tutta, che vive l’educazione come opera comunitaria.

In particolare, è il consiglio parrocchiale dell’associazione il luogo che esercita un attento discernimento nel riconoscere eventuali disponibilità e nel suscitare nuove generosità nei confronti del servizio educativo. Questa attenzione si esprime nell’atto di conferire questa responsabilità, nell’accompagnare con particolare attenzione la loro formazione e l’inserimento nel servizio educativo e nell’offrire un contesto permanente di confronto, discernimento e formazione degli educatori. Talvolta può nascere un vero e proprio gruppo educatori, con tempi e contenuti totalmente conciliabili con quelli del gruppo di formazione ordinaria: essenziale, comunque, è che gli educatori siano in costante relazione e confronto tra di loro.

2.    L’esperienza
Il servizio educativo in associazione vede la componente esperienziale superare quella delle strette competenze. Per questo proprio la “pratica” di questo servizio appare essenziale.

L’ingresso nel servizio educativo non si limita dunque ad un corso da frequentare o ad alcuni sporadici incontri rivolti agli educatori, ma deve necessariamente assumere la forma di un percorso di accompagnamento e di introduzione al servizio stesso.

La parte esperienziale della formazione dell’educatore deve fare perno su questi elementi:
–    Iniziale accompagnamento di un educatore più esperto;
–    Costante verifica della propria esperienza con il tutor, laddove esistente, con gli altri educatori, con l’educatore del proprio gruppo, con il parroco, con le figure di responsabilità associative…
–    Acquisizione progressiva di nuovi contenuti, pedagogici, associativi, ecclesiali, metodologici, di programmazione opportunamente indicati dal tutor o dai responsabili associativi. Riferimento fondamentale sono i cammini annuali dell’Ac, il Progetto formativo e “Sentieri di speranza”.

Per questo l’ingresso nel servizio educativo deve opportunamente prevedere e dosare in modo armonico:
• una gradualità che consenta l’assunzione di responsabilità in forma progressiva, consapevole ed adeguata;
• tempi e modalità adeguate di studio, di approfondimento contenutistico e di autoformazione;
• alcune esperienze esemplari nelle quali ci si inserisce in modo progettuale condividendo con altri educatori la responsabilità di programmare, vivere e verificare alcune attività specifiche (un campo scuola, una iniziativa diocesana, un grest…). Queste esperienze esemplari potranno
essere vissute non solo nella propria parrocchia, ma anche in altre parrocchie o a livello diocesano;
• un accompagnamento personale vissuto da un tutor o da un educatore esperto che accompagni il cammino di ciascun educatore, le esperienze vissute e le scelte operate, che valuti con lui le ricadute di questo impegno sul suo vissuto.
• la condivisione e rielaborazione delle esperienze all’interno del gruppo educatori o con gli altri educatori con i quali si condivide il servizio.

3.    La formazione complementare.
Occorre superare la dicotomia tra formazione ordinaria e formazione specifica.
Introdurre una persona nel servizio educativo significa anche accompagnarla a fare unità tra le esperienze formative che vive, fra le dimensioni diverse della sua vita, tra le tante “formazioni” possibili (in quanto giovane, in quanto fidanzato, in quanto educatore, in quanto universitario, in quanto lavoratore…). Formare degli educatori significa anche accompagnare la fatica di una sintesi, sia nel rapporto tra fede e vita, sia nell’equilibrio tra esperienza associativa e servizio.

Questa sintesi certamente si opera nella coscienza e nella vita di ciascuno, ma interpella l’associazione soprattutto per la sfida ad elaborare alla sorgente una proposta unitaria, modulare, attenta ai ritmi delle persone, che non frammenti ma aiuti a fare sintesi. Occorre pensare una vita associativa che, anche nei confronti di che si rende disponibile ad un servizio educativo, metta al centro la persona prima delle “articolazioni associative”.

1.1    Attenzioni per la dimensione vocazionale dell’educatore adulti
Di fondo:
– le peculiarità dell’animatore “per gli adulti” rispetto all’educatore Acr e giovani (cfr. PF…)
– L’animatore adulti è uomo e donna di relazione: tessitore di unità e costruttore di comunione

Contenuti-base:
–    Dare valore alla vita quotidiana dell’adulto
–    Vivere come un valore le differenze tra i diversi percorsi e scelte degli adulti che fanno il gruppo.

1.2    Attenzioni per le competenze umane dell’educatore adulti
Di fondo:
–    L’educatore è consapevole del “cambiamento in atto” nella vita degli adulti;
–    È un adulto che aiuta a diventare adulti;

Contenuti-base:
–    Formare attraverso la relazione
–    Adottare le giuste soluzioni di spazio e di tempo perché ci sia vera vita di gruppo
–    Imparare facendo, mettendo in interazione costante pensiero e azione
–    Valorizzare le competenze individuali in vista del coinvolgimento consapevole nella costruzione del bene comune;
–    Accompagnare e formare all’esperienza familiare che connota in vario modo la vita adulta

1.3    Attenzioni per le competenze ecclesiali dell’educatore adulti
Di fondo:
–    L’animatore adulti conforme all’immagine di Cristo e appassionato della propria Chiesa particolare

Contenuti-base:
–    La fede come incontro personale
–    La fede “amica dell’intelligenza”
–    La comunità che educa: comunione, sinodalità, dialogo, cattolicità
–    Avere sempre lo sguardo attento al territorio: quartiere, città, diocesi… con l’attitudine al
–    discernimento comunitario
–    Conoscenza e promozione dei progetti internazionali dell’AC

1.4    Attenzioni per le competenze associative dell’educatore adulti
Di fondo:
–    L’animatore adulti è in relazione con altri animatori per pensare e progettare la formazione (fare laboratorio);
–    L’animatore “anima” anzitutto la vita quotidiana educando alla lettura sapienziale della realtà

Contenuti-base:
–    La laicità dell’associazione e la spiritualità laicale
–    La popolarità dell’Ac
–    Il senso della democraticità
–    Il senso stesso dell’essere laici associati
–    La vita associativa come esperienza di carità fraterna attraverso il gruppo adulti
–    L’autoformazione col riferimento essenziale alla Parola di Dio, alla preghiera personale e liturgica, alla meditazione personale
–    Gli itinerari che fanno compiere un circolo virtuoso dalla vita alla Parola e dalla Parola alla vita
–    Unità dei contenuti nella differenziazione della loro articolazione, dei tempi e della metodologia