Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni [Francesco, Spes non confundit 1].
Con queste parole il Papa chiama tutti a farsi “pellegrini di speranza” nel Giubileo 2025, nella certezza che “la speranza non delude” (Rm 5,5), perché nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cristo morto e risorto. E lo Spirito Santo ne irradia luce e calore nella Chiesa in cammino, come fiaccola che mai si spegne. Per rianimare la speranza innanzitutto in noi, popolo di Dio, annunciatori e testimoni del Vangelo, senza ignorare la complessità di questo tempo e i dolori della vita. Per fare una pastorale della speranza, semplice e in movimento, non restando fermi ma andando incontro. Così ci mettiamo in cammino, ancora, insieme a tutta la Chiesa universale, con umiltà e determinazione, davanti alle grandi sfide epocali e opportunità pastorali che ci costringono a smuoverci, a osare, grati per il cammino finora compiuto e aperti al nuovo che la vita ci sollecita giorno per giorno.
Solo così lo Spirito ci farà uscire e incontrare, accogliere e condividere, celebrare e narrare lungo le pieghe e le vie di questa nostra storia “complicata” e “complessa”, eppure tremendamente carica di sfide e di profezia. Per questo la comunità cristiana è chiamata a “camminare insieme” a Cristo, Synodos per eccellenza, lungo i sentieri della storia per incarnare uno stile capace di leggere i tempi e abitare la “crisi” per nutrire la vita cristiana in ordine alle sfide dell’oggi. Non si tratta di rispondere primariamente a esigenze di “ingegneria ecclesiastica o pastorale” di carattere organizzativo e di pianificazione, ma di discernimento e di evangelizzazione. Il «camminare insieme», dunque, non basta per essere espressione di sinodalità, non basta a costruire la sinodalità! Ancora dodicenne, a noi Gesù sta già dicendo: siete voi a dover venire dietro a me, non io dietro voi! Capisco che vi faccia piacere camminare insieme, ma la prima persona con cui dovete camminare sono Io, che sono la via (cfr. Gv 14,6)!
L’essere in carovana non è un semplice camminare insieme. Anche un esercito cammina insieme, ma non così, di sicuro, la Chiesa. Una carovana non è neppure una scampagnata (comitiva), o una gita turistica: carovana è vivere insieme!
Al riguardo, ritengo molto suggestiva una possibile definizione di Chiesa sinodale che si prepara a vivere il Giubileo: «Synodia è voce densa, vibrante, arcaica, che richiama il vagare desolato dei nomadi, le carovane chiassose dei mercanti, il viaggiare gaudioso dei pellegrini. È anche parola biblica che evoca lo stesso cammino periglioso di una fede che inquieta e rasserena perché racchiude la paura di una perdita inattesa, l’ansia di una ricerca e lo stupore di un ritrovamento carico d’incomprensione (Lc 2,41-50). Synodia ricorda allora parole, pensieri e fatti da trattenere nella memoria, da custodire lungo la via, da consegnare con fedeltà e arte alla propria discendenza perché l’oblio che indurisce il cuore non faccia perdere il santo timore che illumina e sostiene».
Alla medesima immagine della carovana Papa Francesco ha fatto ricorso nell’Evangelii Gaudium, 87: «Oggi […] sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio».
Ma non è né il semplice «camminare insieme», né il solo «stare insieme» che ci fa essere Chiesa sinodale che annuncia la speranza; il momento decisivo è l’incontro e lo stare con Cristo e in Cristo. Ci facciamo pellegrini verso il Signore che guida la storia al suo compimento. Verso il Signore incarnato, vivente e veniente in ogni uomo e donna, soprattutto nei piccoli e nei poveri, in ogni famiglia e comunità, non solo le nostre ma anche quelle che ci sorprendono per la diversità dei linguaggi e delle esperienze.
Il Giubileo quindi, è un Kairos per la nostra vita e per le nostre realtà eccclesiali, un Tempo possibile in cui ogni battezzato può portare a maturazione la profezia di una Chiesa che si lascia sorprendere dallo Spirito e impara dal “vento” a riconoscere e riconoscersi “culla” di vocazione al desiderio di una vita traboccante e risorta.
Prepararsi all’Anno Santo e celebrare l’esperienza del balsamo della misericordia di Dio, chiede coraggio agli uomini e alle donne del nostro tempo e della nostra Chiesa, coltivando nella preghiera, la spiritualità della strada e del pellegrinaggio, caratteristiche assai preziose del Vangelo, per abitare le istanze dell’uomo di oggi, la sua precarietà e la sua sete di beatitudine e di felicità. Occorre allenarsi alla riscoperta della speranza come desiderio e attesa del bene, come un tempo futuro da non costruire ma da accogliere anche nella sua imprevedibilità e novità. Ancora oggi il Signore apre davanti a noi una strada e ci invita a percorrerla con fiducia, gioia e speranza.
Anche noi, oggi, viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive (cfr Bolla Spes non confundit, 12). Ma la nostra vita è un pellegrinaggio, un viaggio che ci spinge oltre noi stessi, un cammino alla ricerca della felicità; e la vita cristiana, in particolare, è un pellegrinaggio verso Dio, pienezza di ogni bene.
Il Santo Padre Francesco, rivolgendosi ai giovani in occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù ha dichiarato:
“[…], è normale che, pur iniziando i nostri percorsi con entusiasmo, prima o poi cominciamo ad avvertire la stanchezza. Questo produce tristezza, mentre viviamo nell’affanno di un vuoto attivismo che ci porta a riempire le giornate di mille cose e, nonostante ciò, ad avere l’impressione di non riuscire a fare mai abbastanza e di non essere mai all’altezza. A questa stanchezza si unisce spesso la noia. Si tratta di quello stato di apatia e di insoddisfazione di chi non si mette in cammino, non si decide, non sceglie, non rischia mai, e preferisce rimanere nella propria comfort zone, chiuso in sé stesso, vedendo e giudicando il mondo da dietro uno schermo, senza mai “sporcarsi le mani” con i problemi, con gli altri, con la vita. Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare!” (Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù).
La soluzione a tanta stanchezza e scoraggiamento, paradossalmente, non è restare fermi per riposare, né abbassare l’asticella della qualità dell’annuncio del Vangelo. È piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Così ci ricorda ancora Papa Francesco: “La speranza vince ogni stanchezza, ogni crisi e ogni ansia, dandoci una motivazione forte per andare avanti, perché essa è un dono che riceviamo da Dio stesso: Egli riempie di senso il nostro tempo, ci illumina nel cammino, ci indica la direzione e la meta della vita”.
La speranza è proprio una forza nuova, che Dio infonde in noi, che ci permette di avere uno “sguardo lungo” e “altro”, superando le nostre miopie e autoreferenzialità nel leggere i “segni dei tempi”, una visione che va oltre le difficoltà del presente e ci indirizza verso una meta certa: la comunione con Dio e la pienezza della vita eterna.
È evidente come nel pellegrinaggio della vita ci saranno inevitabilmente sfide da affrontare e fatiche da registrare, esattamente come fu per il popolo d’Israele il viaggio nel deserto verso la Terra promessa. Nei momenti inevitabili di fatica del nostro pellegrinaggio, impariamo allora a riposare come Gesù e in Gesù.
La nostra Chiesa diocesana si prepara al Giubileo dedicando questo tempo alla preghiera, costruendo insieme il “cantiere” dell’Anno Santo e ponendo attenzione soprattutto alle famiglie e ai giovani, ai malati, ai detenuti, e offrendo anche una serie di eventi culturali all’insegna della riflessione, dell’arte e della musica.
Amici dell’AC, prendiamo il largo!
Prendiamo il largo della vita, sulle tracce dell’amore, alla ricerca del volto di Dio.
Non rimaniamo nel nostro porticciolo comodo e stagnante, non rimaniamo imbrigliati dentro le nostre reti vuote, ma gettiamo “reti profetiche” per una pesca di umanità rinnovata e profumata di Vangelo!
Prendiamo il largo del mare aperto della Chiesa non da pescatori sazi o da turisti fai da te, immortalando qui e là qualche selfie, ma da esploratori coraggiosi e da pellegrini audaci immersi nel viaggio della storia.
Ma questo richiede coraggio, sogni e passione per il Vangelo e per l’umanità!
Buon cammino…
Don Davide Paglia