Mario Fani

Mario Fani nasce a Viterbo il 23 ottobre 1845 dal Conte Vincenzo Fani e da Elvira Misciatelli. Viene battezzato l’8 gennaio 1846 dal Vescovo di Viterbo, il Cardinal Gaspare Bernardo Pianetti, sua madrina è la regina di Sardegna, Maria Cristina di Savoia.
Fin dagli anni della fanciullezza, funestati dalla morte dei nonni e dalla scomparsa precoce della madre e di alcuni fratelli, Mario rivela un carattere calmo e riflessivo, un animo rivolto all’introspezione.
Nel 1855 a 11 anni Mario viene mandato a Roma per un corso regolare di studi nel Collegio dei Benedettini di S. Paolo fuori le mura, dove resta per 5 anni. Nel 1861 Mario ritorna a Viterbo, dove frequenta il Liceo annesso al seminario insieme al fratello Fabio. La salute malferma di entrambi i fratelli Fani è motivo di continua interruzione negli studi.
Un profondo fermento, spesso permeato da anticlericalismo e massoneria, agita tutta l’Europa. In Italia la coscienza di molti cattolici è divisa tra Patria e Fede, proprio perché spesso in nome della Patria si calpestano i diritti del Papa e della Religione.
In quel tempo Viterbo, compresi i dintorni, conta 15.000 abitanti, 75 chiese e oltre 20 tra conventi e monasteri. La città pullula di sacerdoti, frati e monache, ma è anche una terra di confine, a pochi chilometri da Orvieto e Terni, focolai di volontari garibaldini e fuoriusciti.
Nel gennaio 1867 i garibaldini penetrano nel territorio di Viterbo per abolire il dominio papale, diversi giovani viterbesi impugnano le armi e stazionano davanti il sagrato della Chiesa di S. Rosa per impedire alla banda di Garibaldini di profanare e danneggiare la chiesa. Mario vorrebbe unirsi agli Zuavi pontifici, ma il padre glielo impedisce per la sua salute cagionevole.
Mario ha l’abitudine di trascorrere numerose notti in preghiera davanti al Santissimo Sacramento e alla tomba di S. Rosa nella Chiesa viterbese dedicata a questa santa giovinetta: spesso chiede di essere chiuso in Chiesa e ne esce solo il mattino seguente. Nelle notti trascorse in preghiera si fa strada dentro Fani la consapevolezza che: “Bisogna agire!”. Davanti al suo animo si delinea a poco a poco il futuro dei giovani cattolici d’Italia; egli lo contempla entusiasta e ne ringrazia Dio, pregandolo di benedirlo.
Nel 1867, l’11 febbraio, Mario parte per Bologna, nella speranza che il clima più confacente al suo fisico gli permetta di finire gli studi liceali. L’impatto con la realtà bolognese convince Fani che il regno d’Italia va consolidandosi e la sua unità è solo questione di tempo. Un’impressione ancora maggiore in lui ha l’elevato grado di scristianizzazione provocata in molta gioventù dall’azione della massoneria e delle correnti anticlericali.
A Bologna Mario Fani stringe amicizia con Giovanni Acquaderni, ed insieme ad altri giovani cominciano a cercare forme concrete per alimentare la fede, per condividerla, per testimoniarla ed aggregare su queste idee altri giovani , poiché afferma Mario: “Alla carità dei poveri pensano le conferenze del gran Santo De Paoli; noi dobbiamo pensare alla carità verso i giovani, che dalle audacie della rivoluzione si trovano impediti perfino di mostrarsi cristiani: oppure vengono illusi da essa, addormentati, e poi tratti a perdizione da quell’empia setta che nomasi massoneria. Proviamoci con l’aiuto della Madonna Santa; tentiamo di mettere insieme una società della Gioventù Cattolica d’Italia… Voi dovreste fare qualcosa di simile a Bologna, città di grande importanza per essere centro ferroviario di grandi comunicazioni: da Bologna sarebbe molto più facile irradiare il movimento per tutta l’Italia”.
Il conte Mario Fani parte da Bologna. Un carteggio animato e frequentatissimo comincia ad intercorrere tra Fani ed Acquaderni per stabilire le basi su cui poggiare la Società, consigli, esperimenti…
Tra il febbraio ed il giugno 1867 viene elaborata la carta fondante della Società della Gioventù Cattolica. L’iniziativa è indirizzata a tutti i giovani, ai quali si chiede di agire per la difesa del Papa e di sacrificarsi per la causa della Chiesa Cattolica. I mezzi per far ciò sono principalmente due: la stampa e l’educazione religiosa del popolo. Degna di rilievo è la dimensione universale che si vuole dare all’organizzazione: “tutti i Giovani Cattolici di qualunque nazione e continente potranno darle il loro nome e piantarla nella loro città”.
Il 18 settembre di quello stesso anno si diffonde da vita ad un organismo di collegamento, Il Consiglio Superiore, con sede a Bologna; Mario Fani insiste perché la società si concepisca “Italiana”. L’idea che i cattolici si impegnassero non solo nelle opere di misericordia materiale, ma anche in quelle spirituali per contrastare le povertà di natura culturale viene chiarita nel programma e nello statuto della Società della Gioventù Cattolica, e si compendia nel motto preghiera, azione e sacrificio, che colorirà l’esperienza della Gioventù Cattolica. La sostanza dell’ispirazione di Fani é: luoghi di incontro per meditare, per condividere il servizio, per crescere nel dono di sé a Dio ed agli altri.
Il 24 marzo del 1868 Mario ritorna a Viterbo ed insieme al fratello Fabio, Alessandro Medichini, Roberto Gradari e Scipione Lucchesi dà vita al Circolo intitolato a Santa Rosa da Viterbo, una Vergine, di famiglia poverissima, vissuta tra il 1233 e il 1252, che aveva predicato accanitamente contro i catari, aizzati da Federico II contro il Papa. La giovine fu mandata in esilio con la sua famiglia da Federico II, potendo ritornare a Viterbo solo dopo la morte dell’imperatore.
“La Vergine cittadina – scrive Fani – ci ha preceduto di sei secoli in un’impresa somigliantissima alla nostra. Era anch’essa giovinetta quando a difesa della combattuta fede cattolica adoprava i mezzi medesimi del programma: Preghiera, Azione Sacrificio”.
Il Santo Padre, Pio IX, il 2 maggio dello stesso anno indirizza ai diletti figli Giovanni Acquaderni ed al Superiore Consiglio della Società della Gioventù Cattolica a Bologna, il Breve Dum Filii Belial e ne ufficializza la costituzione.
Oltre a quello di Viterbo e di Bologna, dove risiede il Consiglio Superiore, in poco tempo sorgono circoli in tutta la Penisola: in Sicilia, a Padova, a Venezia, Brescia, Modena, Genova e altre città,  e Mario si prodiga per accrescerli.
Egli dà massima importanza alla stampa. Fonda una biblioteca per il pubblico ed una strenna viterbese “La Rosa”ed in seguito “Il Padre di famiglia” ed insiste presso il Consiglio Superiore perché si adotti un giornale come organo della società. Acquaderni gli comunica la scelta del periodico: “L’eco della gioventù.”
Il lavoro diventa sempre maggiore e la salute non troppo stabile. Fani partecipa a Roma al giubileo pontificio, lavora incessantemente per la compilazione della strenna “La Rosa”, intensifica la corrispondenza con Brescia, con Torino, con Bologna. Il 29 giugno in S. Paolo fuori le mura, con tutti i soci del circolo “S. Rosa”, partecipa alla S. Messa.
Il 13 luglio 1869 parte con la famiglia per Livorno sperando di ritemprare le forze, ma un atto di estremo altruismo e generosità gli sarà fatale. Un giorno vedendo un giovane in procinto di annegare si getta in suo aiuto e lo salva; ma la sua salute ne risente talmente che il 3 agosto deve ricoverarsi in ospedale.
Il circolo “S. Rosa” comunica la triste notizia a Bologna e tutta la Società della Gioventù Cattolica prega per la sua guarigione. In  una lettera del periodo di degenza Mario Fani scrive: “Duolmi di morire per non poter far tanto per la S. Chiesa; e se chieggo di guarire, non è per me, ma per papà, per i miei fratelli, per mia sorella. Faccia Dio la sua volontà”.
Certo ormai della sua fine per complicazioni polmonari, chiesti e ricevuti i sacramenti, disposto che la sua sepoltura avvenga a Viterbo, muore serenamente il 4 ottobre 1869, a soli 24 anni. La salma il 1 dicembre 1869 viene inizialmente tumulata nella cappella di famiglia nella Chiesa di S. Teresa dei Carmelitani, in piazza Fontana Grande, e successivamente nella cappella Fani al cimitero cittadino di San Lazzaro.
Nel 1952 il centro Diocesano di Viterbo della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC) decide di collocare i resti di Fani nella Chiesa di Santa Rosa, dove egli era solito pregare e da dove, dopo una notte di preghiera, era uscito con il proposito “bisogna agire” ed aveva avuto l’ispirazione della Società della Gioventù Cattolica Italiana.
I resti terreni di Mario Fani furono collocati nella navata destra della Basilica di s. Rosa il 6 settembre 1952 in coincidenza delle celebrazioni del VII centenario della morte della Santa. La Commemorazione la tenne l’On. Raffaele Jervolino, già Presidente Centrale GIAC. Il giorno seguente ci fu un convegno interregionale della GIAC. I giovani si raccolsero in Piazza del Comune dove parlarono il prof. Luigi Gedda, Presidente Generale dell’ACI ed il prof. Carlo Carretto Presidente Centrale GIAC.
Il 2 maggio 1953 nell’ottantacinquesimo anno dell’Associazione sulla tomba di Fani fu posta una lapide con la sua effige in bronzo e la frase di Pio XII: “Nel lontano 1968 in una notte di preghiera nella Chiesa di Santa Rosa a Viterbo spuntò dal cuore di Mario Fani il primo fra i rami che oggi potrebbero meglio chiamarsi la prima radice del robusto tronco dell’Azione Cattolica unitaria”.
Nella Basilica di Santa Rosa ci sono altre lapidi che ricordano il 25°, il 50°,ed il 75° dell’Azione Cattolica Italiana e recentemente il 7 marzo 2008, in occasione delle celebrazioni nazionali per 140° anniversario dell’Associazione, é stata aggiunta un’altra lapide ricordo che recita: “Con la gratitudine che nasce da una memoria condivisa l’Azione Cattolica Italiana onora nel 140° della sua fondazione la testimonianza esemplare di Mario Fani, all’origine di una storia che continua, abitata da cittadini degni del Vangelo”. (Viterbo 7/3/2008)