Anche noi come quei due verso Emmaus

Questi due discepoli siamo noi, gli uomini e i giovani di oggi, che non possono più sopportare quel clima di disfatta che si respira a Gerusalemme come in tante nostre società, quell’aria pesante che definisce i momenti della sconfitta. Se ne vanno da Gerusalemme, verso cui invece Gesù era salito per portare a completezza la sua missione. Hanno perso la partita della vita e cercano di rifarsi consolandosi a vicenda per vedere dove hanno sbagliato.

Vedono tutto alla moviola, ripensano alle parole che davano significato al loro affidarsi a Gesù. Ma come abbiamo fatto a non capire che quello che ci diceva era pur bello, ma campato per aria come tutti i nostri sogni? Ti ricordi il discorso delle beatitudini? Io quella notte non ho dormito. E quando ha ribaltato le bancarelle del tempio: io mi son detto che finalmente qualcuno aveva il coraggio di fare un po’ di pulizia, perché non ce la facevo più a vedermi Dio trattato a suon di monete, come un affare. A me è caduta la pietra di mano davanti a quell’adultera. C’ero anch’io. Mi ha sconvolto.

Ma quella sera di Pasqua si davano la colpa l’un l’altro, si scaricavano addosso le frustrazioni, le ingenuità, le delusioni. Tagliavano a fette il proprio malumore Cercavano il colpevole della propria difficoltà, anziché guardare oltre e assieme per uscirne. Il Divisore, che noi chiamiamo diavolo, è specializzato nel dividere per non far crescere, né uscire dalle difficoltà. Ma di bello c’era che erano in cammino: camminare è assolutamente essenziale. Bisogna muoversi: noi siamo troppo statici, fasciati nei nostri loculi: lo stereo, la parabolica, il computer, i DVD, la playstation, il pub, il giro di amici, la corazza, la mamma con 10 emme, la doccia, il gel.

Invece dobbiamo farci viandanti verso una meta. Staccare le cuffie delle nostre abitudini, lasciare, anche per poco i nostri amici, i nostri soliti spazi e metterci in cerca di una esperienza interiore. Dobbiamo metterci a fare i pellegrini, a piedi, fare tratti di strada per scoprire l’essenzialità della nostra ricerca. Camminiamo sulle strade del mondo e lungo i sentieri della storia per arrivare al cuore della vita e per accogliere quel regno dei cieli che Gesù indica come la meta ultima di ogni ricerca. Cercate prima di tutto il regno dei cieli e la sua giustizia, aprite gli occhi, il resto vi sarà dato in aggiunta.

Ma c’è una azione del male che toglie agli occhi la possibilità di vedere chiaro. A me gli occhi, dice di solito chi compie magie, ma lo fa per ingannare, per distrarre, per inserire vie sbagliate…La menzogna è un velo, la purezza di cuore invece fa bene agli occhi; beati i puri di cuore perché vedranno Dio.
I due, come spesso facciamo noi, usavano i verbi all’imperfetto: speravamo, credevamo, ci illudevamo…Questo imperfetto è più di una bastonata, è la sepoltura dell’attesa, della fiducia, del futuro. Speravi di riuscire, ma non ce l’hai fatta; speravi di avere un posto, ma te l’hanno soffiato; speravi di chiarire il tuo affetto, il tuo legame, ma si è ingarbugliato; speravi di incontrare qualcuno, ma hai comperato solo qualcosa… Sono molti i fallimenti della vita, ma chi crede, può sempre cambiare i verbi al passato con un futuro.

Si sono percepiti sconvolti, ma non aiutati a credere; incantati dal meraviglioso, ma proprio per questo incredibile; tutto sembrava secondo la storia: morte, imbalsamazione, sepoltura, custodia, condoglianze, lamenti, delusione, ritorno alla vita di prima, rabbia e derisione degli amici: te l’avevamo detto che stavi abboccando, che non c’è niente di nuovo sotto il sole… non hai letto abbastanza il Qohelet? Vanità delle vanità, tutto è vanità… niente di nuovo accadrà.. Ma non è sufficiente essere sconvolti, occorre il passo successivo, che non  è una bottiglia per dimenticare, ma una fede per rivivere.

Lui certo non lo ha visto nessuno: alla prova dei fatti là ci sono solo delle bende, appoggiate in maniera strana, sembrano riafflosciate su di sé, come se il corpo che contenevano fosse stato sottratto, ma Lui noi non l’abbiamo visto con questi occhi, non l’abbiamo sentito con questi orecchi, non l’abbiamo percepito col nostro cuore, ci manca proprio ancora tanto. E il pellegrino che si accompagna a loro comincia a prendere l’iniziativa, a rimproverarli, a farli rientrare in se stessi.
Siete proprio senza testa e lenti di cuore.

Se c’è qualcuno senza testa qui, siamo proprio noi, spesso pure fuori di testa. Gente di capoccia dura, di cuore addormentato, di sensibilità da elefante. Dove è la giovinezza della vita che ti permette di accettare senza tante storie la novità, di vivere di speranza? Hai già un cuore vecchio abituato alle delusioni, guardingo perché sei stato troppe volte ingannato. Ma Gesù non ha mai venduto delusioni, né accattivato con inganni. Ha pagato per le speranze che ha portato. Allora cominciano e cominciamo a ragionare, a fare qualcosa.

Per prima cosa lo forzarono a rimanere.
Quando qualcuno ti interessa non lo molli più; se trovi un amico dopo tanta solitudine te lo tieni stretto. Questo turista strano aveva fatto nascere speranza, non può scomparire così presto dalla loro vita.

Proprio allora si spalancarono i loro occhi
Finalmente, il gesto dello spezzare il pane apre gli occhi. Dovrebbero aprirsi gli occhi di tutti gli uomini quando si celebra l’Eucaristia.

E alla fine lo riconobbero, lo riconosciamo volentieri
Sei tu! Sei proprio tu colui che cercavamo, che avevamo già relegato al passato, che avevamo sepolto con la pietra tombale dell’ormai, non solo nei nostri occhi, ma anche nel nostro cuore.

Non ti abbiamo cercato e aspettato invano!

mons. Domenico Sigalini, assistente generale Ac