Il Pozzo di Sicar. Per favorire la partecipazione degli immigrati alla vita delle nostre comunità

Idea di fondo
«Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionaledi tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 54). Vogliamo che le associazioni parrocchiali e diocesane di Ac diventino sempre più soggetti attivi nel favorire una maggiore e più significativa presenza degli immigrati nella vita ecclesiale e civile delle nostre diocesi.Non si tratta di facilitare l’inserimento delle persone provenienti da altri luoghi e da altre esperienze in un contesto già dato, definito, ma di impegnarsi con loro per cambiare insieme la realtà esistente delle nostre comunità locali. Si tratta cioè di lavorare insieme con le persone immigrate per dare vita a una nuova comunità ecclesiale e a un nuovo contesto civile, fermentate da una reciproca conoscenza, da una maggiore
consapevolezza, dalla condivisione di una ricchezza. Si tratta, insomma, di crescere nel senso di comunità: una crescita attenta alla concretezza dei problemi, pensata come un percorso graduale e consapevole dei nodi con cui si dovrà misurare, ma pronta a mettere in gioco le risorse di tutti i soggetti presenti sul territorio.
Molte associazioni vivono già esperienze significative da questo punto di vista, ma spesso le nostre comunità parrocchiali si dimostrano impreparate ad avviare insieme agli stranieri presenti nel territorio percorsi di arricchimento reciproco: una questione che non riguarda solo la dimensione della convivenza civile, dell’inclusione nel mondo del lavoro e nella vita sociale del territorio (tutti aspetti importantissimi!), ma che coinvolge anche la dimensione della vita di fede delle persone che giungono nel nostro Paese. Gli aspetti problematici, peraltro, non riguardano solo il dialogo interreligioso e interconfessionale: molto spesso, anche coloro che tra gli stranieri presenti nelle nostre città condividono la fede cattolica, rimangono relegati al margine delle nostre comunità. In tanti, vivono un’esperienza di Chiesa che non supera le barriere della lingua, del gruppo di appartenenza. L’Azione Cattolica può fare molto, nella sua vita ordinaria di associazione, per coinvolgere le persone straniere presenti sul territorio nella crescita comune e nell’arricchimento della vita della comunità civile ed ecclesiale. L’obiettivo, in senso generale, è dunque quello di cambiare insieme i connotati della nostra realtà: un obiettivo che può tradursi in tanti obiettivi particolari, strutturati su diversi livelli.

Obiettivi
Possiamo indicare alcuni dei diversi livelli su cui operare, anche in maniera indipendente:
a. promuovere una crescita culturale all’interno e all’esterno della associazione, per educare i nostri pregiudizi, le nostre paure, e abituarci a un modo nuovo di guardare alla realtà in cui viviamo anche quando pensiamo alle attività ordinarie dell’associazione, alla crescita delle nostre città, alla vita quotidiana delle nostre famiglie.
b. Promuovere la conoscenza, il rispetto e la stima reciproca tra persone di diversa provenienza e cultura che coabitano nel territorio.
c. Promuovere l’inserimento, per un arricchimento reciproco, degli immigrati di diversa religione nella vita della comunità, anche attraverso specifiche proposte aggregative (feste e iniziative in parrocchia e nel territorio, giornate di studio e confronto, ecc.).
d. Promuovere occasioni per valorizzare la presenza nella vita della comunità ecclesiale locale di quanti, immigrati, condividono la fede cattolica.
e. Coinvolgere nella vita dell’associazione gli immigrati presenti nel territorio.

A che punto siamo
– Affrontare la questione immigrazione implica confrontarsi con un problema ampio e complesso, in cui il rischio di semplificazioni è sempre presente. Occorre dunque chiederci: quale consapevolezza abbiamo maturato, all’interno dell’associazione, rispetto ai reali contorni del fenomeno immigrazione e rispetto ad alcuni “concetti chiave”, quali, ad esempio: dialogo interconfessionale e interreligioso, interculturalità, multiculturalità, accoglienza, integrazione, interazione…?
– La riflessione su questi temi dovrà trovare una valida sussidiazione negli strumenti promossi dal Centro nazionale (centro studi, stampa periodica, pubblicazioni Ave, testi specifici ecc…), ma è solo attraverso la concreta conoscenza della realtà del territorio e della Chiesa locale che si possono individuare le urgenze e le modalità di relazione con le persone. Chiediamoci: conosciamo in modo adeguato la reale portata del fenomeno migratorio nella nostra realtà territoriale? Un grande contributo su questi temi viene dalla Caritas,
sia a livello nazionale che diocesano.
– Per poter lavorare in questo campo è necessario mettersi in relazione con chi dentro e fuori la Chiesa locale si occupa già di questi temi: i missionari e i sacerdoti fidei donum che hanno una relazione con il nostro territorio, gli uffici della pastorale per i migranti, la Caritas diocesana, innanzitutto, ma anche altre realtà diocesane e i soggetti del terzo settore e del mondo culturale che si occupano di questioni inerenti al fenomeno migratorio, oltre naturalmente agli uffici preposti delle istituzioni locali. Quali realtà sono già attive in questo campo sul nostro territorio? Con quali di esse possiamo avviare una collaborazione?

Icona biblica
Gesù al pozzo di Sicar, in un territorio non favorevole all’incontro con gli ebrei, incontra la samaritana, e attraverso il dialogo con lei passa dalla diffidenza a instaurare un rapporto fiducia e un nuovo legame. Il pozzo di Sicar è l’immagine di una Chiesa che parla a tutti, anche ai lontani o a chi è di cultura, nazionalità e credo diverso: è il segno di una nuova evangelizzazione che accompagna a riconoscere in Cristo l’acqua viva.

Persone coinvolte
L’associazione diocesana e parrocchiale, le persone (e le comunità) immigrate presenti nel territorio della parrocchia o della diocesi, la comunità ecclesiale, le istituzioni locali, altre realtà ecclesiali e civili che si occupano della realtà dell’immigrazione (la Caritas e gli uffici diocesani, le associazioni culturali, le espressioni del terzo settore…).

Sviluppo
L’attivazione di un percorso progettuale di questo tipo non può che nascere da un’attenta lettura del territorio, dei suoi bisogni, delle domande di vita che esso esprime: a partire da tali attese l’Ac è chiamata a
impostare un progetto di lunga durata, cercando e promuovendo collaborazioni. La responsabilità della progettazione dovrà quindi fare capo al Consiglio (diocesano e/o parrocchiale), evitando rischi di improvvisazione ed estemporaneità, sia nella fase del discernimento che in quella organizzativa e fattiva.
La progettazione in questo campo richiede inoltre un impegno che coinvolga trasversalmente gli itinerari di ciascun settore e articolazione e i movimenti presenti in associazione. Soprattutto l’AcR e i Giovanissimi (con il Msac) possono far leva sui legami amicali tra coetanei di diverse provenienze per avviare e alimentare percorsi di incontro e di coinvolgimento con le persone. Agli adulti spetta invece un compito fondamentale sia dal punto di vista educativo sia da quello dell’impegno culturale per la promozione di una maggiore consapevolezza e per il superamento di paure e pregiudizi. L’ambito del lavoro, infine, rappresenta un luogo privilegiato per la realizzazione di percorsi di accoglienza, inserimento, arricchimento reciproco.
Infine, sarà opportuno tenere presente che molto spesso nelle associazioni diocesane sono già presenti competenze specifiche su questi temi: insegnanti, operatori, formatori, persone impegnate nel mondo del volontariato, professionisti e studiosi competenti sotto il profilo giuridico, economico, storico, politico, amministrativo, imprenditoriale, ecc.

Alcuni esempi di possibili iniziative
1. Una festa insieme. I momenti di festa presenti nel cammino ordinario delle associazioni (feste dell’Acr, giornate giovanissimi, ecc.) possono rappresentare preziose occasioni per coinvolgere stranieri presenti sul territorio, offrendo loro un momento di conoscenza reciproca, di condivisione della gioia di stare insieme…
2. A Messa insieme. In molte diocesi si è diffusa l’abitudine secondo la quale i gruppi di immigrati di fede cattolica partecipano in via quasi esclusiva a Messe celebrate “per etnie”, in momenti specifici e di fatto “separati” rispetto alla vita delle comunità parrocchiali: una modalità che, dal punto di vista degli stranieri presenti in Italia ha anche valide ragioni, ma che praticata in maniera esclusiva rischia di consolidare forme di separatezza tra le diverse etnie e tra le comunità di immigrati e i gli italiani, rendendo più difficile per gli stranieri sentirsi parte della Chiesa italiana. Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, che l’associazione si faccia promotrice di momenti comuni di celebrazione, di vita spirituale, possibilmente in più lingue.
3. A tavola insieme. La condivisione della tavola e delle ricette, dei modi di cucinare, delle tradizioni culinarie, delle abitudini alimentari, possono rappresentare tanti spunti per un reale incontro tra le persone, a
partire dalla realtà concreta delle loro vite. Ma anche la partecipazione al digiuno può costituire un bel momento di condivisione: potrebbe essere un giorno del Ramadan, oppure il mercoledì delle Ceneri.
4. In viaggio insieme. La conoscenza reciproca può iniziare dal racconto delle realtà di provenienza, dal punto di vista storico, culturale, artistico, geografico, economico, politico, religioso, ecc.: le realtà lontane delle persone che arrivano in Italia dai vari angoli di mondo, ma anche quella vicina dei quartieri in cui viviamo insieme, delle città, dell’Italia, dell’Europa.
5. Credenti insieme. Anche con coloro che professano una diversa fede religiosa possono darsi ricche occasioni di preghiera comune. Il tema della pace, soprattutto, sembra rappresentare un terreno di incontro particolarmente fecondo. Sulla scorta dell’insegnamento di Giovanni Paolo II, le nostre associazioni si potrebbero ad esempio fare promotrici di momenti di preghiera modellati sullo “spirito di Assisi”.
6. Cristiani insieme. La condivisione interconfessionale di alcuni momenti di preghiera, celebrazione, festa con coloro che condividono la fede cristiana può rappresentare un’occasione straordinaria di crescita nella fede. Tali momenti non possono però essere improvvisati, ma richiedono un approfondimento preventivo e un cammino comune, fondato sul rispetto reciproco.
7. Cittadini insieme. Promuovere iniziative, incontri, dibattiti, relazioni e momenti di studio nei quali approfondire insieme quali diritti e quali doveri comporta per tutte le persone presenti nel territorio il far parte della comunità civile può rappresentare un primo fondamentale passo per una maggiore consapevolezza della realtà e per un reciproco impegno di crescita comune.
8. Educare insieme. Spesso i gruppi e le comunità di immigrati presenti nel territorio vivono al loro interno esperienze formative, anche di tipo religioso, differenti ma paragonabili a quelle a cui siamo abituati. Incontrare e confrontarsi con i formatori che promuovono e gestiscono tali esperienze può rappresentare una valida occasione di scambio e arricchimento reciproco, oltre a rendere possibile la elaborazione di iniziative comuni.
9. In associazione insieme. L’esperienza associativa rappresenta di per sé un’opportunità di incontro, confronto, arricchimento reciproco tra le persone. Proporre l’adesione all’Ac a persone provenienti da esperienze culturali, spirituali relazionali diverse da quelle consolidate e magari a volte “sclerotizzate” nelle nostre associazioni implica la necessità di un ripensamento delle condizioni e delle modalità con cui promuovere e poi condividere l’adesione.