Oscar Luigi Scalfaro (1918-2012)

Una vita al servizio del Paese e della Costituzione

“Un esempio di coerenza ideale e di integrità morale”. Con queste parole Giorgio Napolitano rende omaggio al suo predecessore Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica italiana dal 1992 al 1999, morto il 29 gennaio a Roma all’età di 93 anni. Quella di Scalfaro è stata una vita al servizio dello Stato. Era stato magistrato, membro dell’Assemblea Costituente, parlamentare, presidente della Camera dei deputati. Dopo aver lasciato il Quirinale si era dedicato alla difesa dei valori della Costituzione, più volte ribaditi in numerosi interventi pubblici, rivolti soprattutto ai giovani, fino a quando le forze gli hanno consentito di farlo.
Oscar Luigi Scalfaro nasce a Novara il 9 settembre 1918 da una famiglia di origine calabrese. Si forma nell’Azione Cattolica e nella Fuci. Si laurea in Giurisprudenza nel 1941 all’Università Cattolica di Milano ed esercita per qualche anno la professione di magistrato. Lascia la toga nel 1946, quando viene eletto per la Democrazia cristiana all’Assemblea Costituente che avrebbe redatto la nuova Costituzione italiana. Viene eletto ininterrottamente dal 1946 al 1992. Nel 1983, durante il Governo Craxi, è ministro dell’Interno e rimane titolare del Viminale fino al 1987. Viene eletto presidente della Camera dei deputati il 24 aprile del 1992.
Circa due mesi dopo è eletto Presidente della Repubblica come successore di Francesco Cossiga, che dimessosi anticipatamente.

L’elezione di Scalfaro arriva dopo una lunga serie di votazioni senza risultato. L’impasse è superata dopo la strage mafiosa di Capaci, nella quale vengono uccisi il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta. Quell’evento drammatico spinge il Parlamento a una scelta rapida e unitaria. Scalfaro è eletto al sedicesimo scrutinio con 672 voti. Durante la sua presidenza Scalfaro affronta le vicende di Tangentopoli, che mettono a soqquadro il mondo politico italiano. Nomina sei governi (Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema). Nel 1993 si difende con forza (anche con un messaggio televisivo a reti unificate) dall’accusa di essere coinvolto in una vicenda di gestione di fondi neri legata ai servizi segreti.
Nel 1994, dopo la caduta del Governo Berlusconi, non scioglie le Camere, ma favorisce la formazione del Governo “tecnico” guidato da Lamberto Dini. Questa è una scelta che gli causa l’ostilità del centrodestra, che da allora lo accusa di aver creato un “ribaltone”. Alla fine del settennato Scalfaro diviene senatore a vita e aderisce al gruppo misto del Senato. Trascorre gli ultimi anni della sua vita partecipando a numerosi incontri pubblici nei quali denuncia le degenerazioni della politica e difende con passione i valori della Costituzione. Nel settembre del 2011 definisce la corruzione “una peste bubbonica” e dichiara che la democrazia è “defunta malamente”. Cattolico fervente, Scalfaro rimane vedovo pochi mesi dopo il matrimonio. Per tutta la sua vita gli è accanto la figlia Marianna. I funerali in forma privata nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma.

L’Azione Cattolica, Carlo Carretto e i duri anni del dopoguerra

Uno spartiacque. C’è un prima e c’è un dopo. La grande adunata dei “baschi verdi” rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell’Azione Cattolica, della Chiesa, della Dc e della società italiana.  E anche, a suo modo, di Oscar Luigi Scalfaro, un politico che in tutta la sua vita ha portato con orgoglio – al bavero della giacca – il distintivo dell’Azione Cattolica, l’associazione in cui si forma da giovane.
La sera di sabato 11 settembre 1948, a Roma, nove cortei di fiaccole raggiungono piazza San Pietro, 300 mila giovani cantano il Credo insieme con altre migliaia di romani (si parla di mezzo milione di persone, in tutto), la professione di fede è intonata da Carlo Carretto al termine del suo discorso, pronunciato a fianco di una folta rappresentanza del Governo italiano e di una cinquantina di delegazioni cattoliche straniere.
A pochi mesi dalla grande vittoria della Democrazia Cristiana nelle combattutissime elezioni politiche del 18 aprile 1948,  il discorso pronunciato quella sera da Carlo Carretto, leader indiscusso della Gioventù italiana d’Azione Cattolica (Giac), pare esprimere l’idea che – arrivati al governo della Nazione – i cattolici non abbiano più né ostacoli né alibi per poter sanare i mali del Paese. Quasi un programma politico, il suo: «Che diremo a voi, uomini che avete la responsabilità della cosa pubblica e che dovete sperimentare il vostro potere non dominando ma servendo?», dice Carretto. «Noi giovani vi chiediamo solo due cose: il lavoro e la casa. Siamo tornati da tante guerre con nel cuore un’unica speranza: ricostruire. Ricostruire, lavorare, fare un mondo migliore, e sovente ci siamo trovati e ci troviamo contro la tremenda fatalità di non potere fare nulla e sul nostro labbro amaro come la morte sorge una parola: sono senza lavoro, sono disoccupato. Signori del governo, uomini che fate le leggi, che cosa rispondete?».

In Piazza San Pietro c’è anche lui, Oscar Luigi Scalfaro.  «Mi ricordo bene quella notte», racconta nella testimonianza preparata per il libro Carlo Carretto, l’impegno, il silenzio, la speranza, edito dalle Paoline nel 2010. «Alcide De Gasperi si gira verso chi gli è seduto accanto e commenta: “Abbiamo trovato un nuovo ministro del Tesoro”. In filigrana par di vedere dietro Carretto i cosiddetti “professorini” della Dc, i vari Giorgio La Pira, Amintore Fanfani, Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati. Con quel suo discorso, Carlo intende togliere definitivamente il freno all’azione sociale dei cattolici».
Si confida, l’ex Presidente della Repubblica. «Lo ammetto. Non provo nessun entusiasmo per le modalità che caratterizzano quell’incontro», dice ancora Scalfaro. «Di “adunate oceaniche” l’Italia ne ha già avute fin troppe, penso. E poi il timore per la divisa (cos’altro è il “basco verde”?), per un certo intruppamento… Ma attenzione: di Carlo Carretto non si può che dire bene. Lo consideriamo tutti un amico, un compagno di ideali, uno genuino, autentico, cristallino. E poi l’Azione cattolica è casa nostra. Io entro a farne parte a 11 anni, quando frequento la prima ginnasio, a Novara, la mia città natale».
«Va così», spiega Scalfaro: «nella mia stessa casa abita un giovane impiegato che ne è già membro attivo. Mi incanta per la sua saggezza e il suo equilibrio. Milito nella Giac quando questa è duramente avversata dal fascismo. Fondamentale è per me la presenza e la guida di padre Francesco Fasola (lo stesso che Carlo Carretto ha modo di conoscere e apprezzare a Galliate, durante il suo primo incarico come maestro elementare nell’anno scolastico 1927-1928) che è mio insegnante di religione al Liceo, prima, e assistente della Giac di Novara, poi». «Carretto lo conosco bene e lo frequento proprio nella Giac, di cui divento presidente diocesano», prosegue Oscar Luigi Scalfaro. «Ho con lui rapporti stretti in particolar modo quando Carretto, in qualità di presidente diocesano della Giac di Torino, coordina le varie realtà giovanili d’Azione cattolica sparse in tutto il Piemonte. Quanti incontri, anche durante la guerra. A Novara, ovviamente. Ma anche a Ivrea e in altre città della regione. Carlo eccelle per lo spessore della sua spiritualità e per la coerenza della sua testimonianza; quel suo carattere espansivo, attento agli altri, capace di coinvolgere e suscitare entusiasmo lo fa, però, sentire sempre e comunque “uno dei nostri”. Piace perché ama stare “con la truppa”, proprio come amo fare io e come amano fare molti altri. Rammento al riguardo un mio intervento polemico, quando ­– alla Cattolica di Milano, l’Università dove mi laureo in Giurisprudenza nel 1941– chiedo alla Fuci di essere, sì, laboratorio di nuova teologia e di innovazioni pastorali, ma senza dimenticare i tanti, le “masse” si usa dire allora, che non hanno la possibilità di attingere alla cultura d’elite».
Oscar Luigi Scalfaro vive in prima persona l’ingresso in politica della classe dirigente dell’Azione cattolica. «Nel 1946, con la piena benedizione del mio vescovo, un frate cappuccino, padre Giacomo Leone Ossola, mi presento con la Dc alle elezioni che devono formare l’Assemblea Costituente. Io, un perfetto sconosciuto o quasi, per quanto sia già un magistrato, raccolgo oltre 46 mila preferenze e mi piazzo prima di personaggi ben più famosi come Giuseppe Pella o come il sindacalista della Cisl Giulio Pastore. Merito degli assistenti e dei dirigenti dell’Azione cattolica che battono palmo a palmo il territorio sostenendo, bontà loro, la mia candidatura. Il timore di perdere in malo modo in città industrializzate come Torino, Milano e Genova è fugato proprio grazie a questa capillare e convinta mobilitazione. Il 18 aprile 1948, si replica, migliorando ancora il risultato».