Famiglia indissolubile nella società solubile

In un’epoca in cui tutto porta a interessarci al paesaggio visibile, dobbiamo forse prestare maggiore attenzione al “paesaggio invisibile”, in cui si tesse la trama delle relazioni interpersonali e si plasma la nostra storia. È anche questo, in fondo, il senso del giusto invito di Benedetto XVI, ripetuto nel messaggio per la XL Giornata mondiale della pace, a non fermarci al piano dell’”ecologia della natura” e ad aprirci a una “ecologia umana”, la quale a sua volta richiede un’”ecologia sociale”. In tale ambito, un posto unico spetta al matrimonio, che è «il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l`uomo e la donna accolgono l`intima comunità di vita e d`amore, voluta da Dio stesso» (Familiaris Consortio, 11). Da questa forma originale di reciprocità oblativa nasce la famiglia: una trama straordinaria di relazioni stabili e gratuite che scaturiscono da una promessa reciproca, libera e irrevocabile, capace di tradursi in un patto di donazione e di fedeltà senza riserve, incorporato nell’ethos condiviso, protetto dal diritto e accreditato attraverso l’educazione.
Proprio per questo, la famiglia dev’essere al centro delle nostre preoccupazioni di “ecologia umana e sociale”. Punto di snodo fra l’interiore e l’esteriore, il privato e il pubblico, il naturale e il sacramentale, l’istituto familiare genera un volume sociale del tutto ineguagliabile, capace non solo di aprirsi, ma addirittura di generare il “terzo” della relazione; il figlio, infatti, costituisce insieme ai genitori una forma speciale del “noi”, fondata non sul principio simmetrico e revocabile del contratto tra pari, ma su un atto assolutamente asimmetrico di generazione. Nella sua forma più alta, tale atto parla il linguaggio del dono, dell’affidamento, della gratuità, che continua il miracolo della creazione e ci avvicina al mistero della nostra origine.
Eppure, incredibilmente, non siamo più in grado di riconoscere la sorgente segreta che plasma questo “paesaggio invisibile”: nel cinema, nei talk-show, nei listini della borsa, nella sofisticata contabilità del Pil la famiglia letteralmente non si vede. Non si vede, francamente, nemmeno nella politica; nonostante l’ipocrisia insopportabile di tante dichiarazioni retoriche, i nostri ragazzi hanno purtroppo capito bene almeno un messaggio: vita da single e rapporti occasionali. In una società in cui tutto è flessibile, è bene non abbandonare il calcolo delle convenienze e non prendere impegni per la vita.
Se un marziano, per conoscere la nostra struttura sociale, si accontentasse di vedere qualche film, sbirciare la rete telematica o comprare qualche quotidiano, senza venire concretamente sulla terra e abitare i luoghi reali dove si vive e si muore, dove si ama e si educa, non capirebbe come e perché questa società stia in piedi. Non scoprirebbe il vero ammortizzatore sociale a costo zero che impedisce ai figli disoccupati di finire nella disperazione; che insegna ai fratelli a sperimentare la logica virtuosa della cooperazione oltre il mito utilitaristico della competizione; che permette ai nipoti di non rimanere soli quando i genitori sono al lavoro e di sperimentare l’affetto disinteressato dei nonni quando la famiglia in cui sono nati non esiste più o si è moltiplicata per due o per tre. Se in una società troppo “solubile”, che reclamizza i solventi e non ama gli adesivi, non proprio tutto sta evaporando, probabilmente lo si deve a questa radice indissolubile di cui abbiamo bisogno come l’aria e che le future generazioni dovranno imparare a onorare e proteggere non meno che lo strato dell’ozono o la foresta amazzonica.

Luigi Alici