Famiglia e società liquida

Ognuno di noi nel guardarsi intorno, nell’avere a che fare con la propria famiglia e con quelle che vede attorno a sé, ha sicuramente elaborato nel tempo una serie di convinzioni e di convincimenti su questa realtà. In questi ultimi decenni c’è stato un grande sviluppo della pastorale familiare nella nostra Chiesa italiana. Questo è molto importante perché il lavoro svolto è stato intenso, grande, impegnativo e ha disegnato degli scenari davvero appassionanti, a partire da quella famosa lettera che è il pilastro cardine, la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. A partire da lì, l’orizzonte che è stato disegnato è molto grande e intenso.
È importante anche perché offre un punto di riferimento indispensabile per noi credenti che guardiamo a questa realtà portandoci dentro un’idea alta della famiglia e di questo non potremmo fare a meno perché noi cristiani che guardiamo alla famiglia da questo punto di vista particolare non possiamo fare a meno di pensare che la famiglia sia legata ad un sacramento, è una realtà in cui Dio si incarna e si fa presente e nell’amore dei due sposi si concretizza il volto particolare, peculiare dell’amore di Dio. Addirittura veniamo esortati da un filone della pastorale familiare a considerare l’intera realtà della nostra fede, della nostra esperienza di Chiesa nella filigrana del rapporto che esiste tra Cristo sposo e la Chiesa sposa. Allora se noi partiamo da quest’idea della famiglia e ce la portiamo inevitabilmente dietro, dobbiamo subito mettere le mani avanti e preservare noi stessi dal rischio dell’idealizzazione di questa realtà. Se voi leggete l’inserto tratto dalla guida educativa, troverete che tra le prime righe subito si dice: “non pensiamo a una famiglia monolitica e senza crepe”.
Facciamo attenzione a questo: non idealizziamo la famiglia, non idealizziamo le nostre famiglie, quelle delle nostre parrocchie, quelle delle nostre comunità, non illudiamoci che esse non si dibattano negli stessi problemi che sono di tutti perché non è detto che una persona che è sempre cresciuta in parrocchia, ha sempre fatto l’animatore…. stia al sicuro e abbia di per sé degli strumenti più efficaci rispetto a coloro che invece in parrocchia non sono cresciuti.
Purtroppo la realtà ci insegna che non è così.
Mi sembrava una premessa doverosa nel guardare la famiglia nella società liquida, fluida, solubile. Teniamo presente che stiamo parlando anche e in particolare delle nostre famiglie, delle famiglie che vengono a messa con noi la domenica.
Nel parlare della famiglia cerchiamo di avere sempre una visione complessiva: non limitiamoci a quella particolare visione che è subito dell’individuare un marito e una moglie, nel senso che, nel mio senso -visione complessiva della famiglia- significa dire contemporaneamente marito, moglie, figli, zii, nipoti, nonni e così via… Consideriamo questo come famiglia altrimenti non siamo già più in condizione di ragionare sulla famiglia nella società solubile.
Adesso però parliamo di questa società liquida. Credo che molti di voi sappiano che la definizione è stata coniata da un sociologo di origine polacca, Zygmunt Bauman, persona anziana, “adultissima” direi, che ha visto la seconda guerra mondiale, è dovuto scappare dalla Polonia per evitare le persecuzioni, ha vissuto per un certo periodo in Russia, poi da sessant’anni vive in Inghilterra e da lì ha esercitato il suo sguardo sulla società, scrivendo dei saggi famosissimi che hanno fatto epoca, coniando tra le tante anche questa definizione di società liquida che ha fatto molta strada, perché evidentemente riesce a descrivere alcune caratteristiche della società in cui viviamo in maniera estremamente efficace. Bauman dice che la società odierna è liquida, ovviamente in senso metaforico. Viene usata quest’immagine perché il liquido non ha di per se stesso una forma e non può avere la stessa forma per molto tempo, è soltanto il passaggio da un recipiente ad un altro che ne determina la forma: questa è l’immagine di partenza.
Allora perché sembra descrivere in maniera efficace questa nostra società? Perché la nostra è una società che tendenzialmente è informe o comunque che tende a ridefinire continuamente le forme in cui si declina in maniera variabile a seconda delle condizioni, delle esigenze del momento, dei desideri del momento, delle tendenze. In una società liquida tutto diventa provvisorio come le dimensioni del liquido sono provvisorie e determinate dal proprio recipiente.
Pensiamo al telefono cellulare che tutti ormai possediamo e che ci ha insegnato che è sufficiente premere un tasto o una sequenza di tasti per attivare una connessione con un altro soggetto umano o per interromperla e per darci la possibilità praticamente infinita di attivare e interrompere connessioni a nostro piacimento.
Che cosa introduce sul piano interpersonale questa modalità di vita? Introduce, al livello delle relazioni umane, la condizione di continua reversibilità, cioè questa possibilità di connessione e sconnessione dalle relazioni interpersonali che tendiamo a riprodurre in tutte le relazioni interpersonali che abbiamo, come se, in fin dei conti, possedessimo un cellulare incorporato rispetto al quale premiamo di volta in volta i nostri tasti interiori e ci sentiamo liberi di farlo per determinare la qualità, la quantità e il numero delle nostre relazioni interpersonali. Bauman ad un certo punto usa un’immagine per dire che quando la tecnologia non era così invasiva e la gente viveva la sua vita come i missili balistici: data loro una direzione quella era per sempre. Per esempio se uno entrava in banca a venti anni, per fare un esempio molto concreto, sapeva che avrebbe avuto quaranta anni di vita professionale e poi a sessanta sarebbe andato in pensione e quello era il suo destino. Il missile balistico. Oggi invece assomigliamo, dice lui, alle cosiddette bombe intelligenti. Avete presente?, quelle che cercano l’obiettivo e cambiano continuamente direzione alla ricerca di un bersaglio che è anche di per se diventato mobile. E questa modalità si applica nella nostra società a diversi livelli. Non so se da voi è arrivato lo switch-off della televisione digitale, non so se è arrivato dappertutto in Italia o soltanto in alcune zone. In Piemonte è arrivato, da alcuni mesi, e personalmente navigare nella tv digitale ha voluto dire fare un’esperienza di tipo liquida in cui tu hai la possibilità di avere cento e passa canali: sintonizzati trecento, più o meno, poi alcuni sono doppi, tripli, quadrupli, eccetera; riduciamo ad un centinaio i canali che penso di vedere, probabilmente di meno, se non consideriamo quelli che fanno telemarket tutta la mattinata. Io non facevo prima questa esperienza, perché non avevo la tv satellitare, ma chi aveva già la parabola, l’ha sperimentato in anticipo rispetto a me: una volta c’era il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto, il settimo per i più sofisticati, e adesso invece ce ne sono davvero tantissimi; se ti metti a zappare non finisci più e non hai più gli stessi punti di riferimento, perché improvvisamente scopri che il canale 24 fa programmi più seri del primo canale Rai. Allora dici: “Ma allora devo spostarlo sul numero 1 o lascio al numero 24?!”.
Un’altra cosa che viene introdotta a livello sociale, per esempio, da questo modello di società, è il mito della flessibilità, il lavoro flessibile. Ma andate a raccontarlo a quelli che cambiano il lavoro ogni tre mesi che meraviglia è questa flessibilità! È un mito.
Un terzo elemento: uso l’immagine adoperata da un altro sociologo molto di moda in questi ultimi tempi, giustamente, anche lui per l’efficacia delle sue osservazioni, Marc Auge, che è quella dei cosidetti “non luoghi”, tipo i centri commerciali, gli aeroporti che sono oggettivamente i luoghi della liquidità, sono posti in cui la gente va a passare il sabato e la domenica sapendo che qualcosa comunque succederà. Basta andarci, non hai neanche il bisogno di avere un motivo preciso, di doverti comprare un divano o un detersivo. Tu vai là e qualcosa succede: ti fanno vedere un film, senti la musica, compri un gelato, mangi la pizza, incontri gente, ti siedi su una panchina… In questo contesto allora ci concentriamo sulla famiglia e arriviamo al punto: vediamo che  ci scontriamo subito con le conseguenze della liquidità sociale nei confronti della famiglia.
Brevemente racconto una mia esperienza.
Io lavoro in una casa editrice che si chiama Effatà. A Effatà editrice siamo in pochi e ogni giorno, per la pausa pranzo, ci ritroviamo alle 13,00, cinque colleghi, nella saletta adibita per il pranzo e, mangiando, chiacchieriamo e a volte mi usano da grillo saggio.
Giorni fa, durante il pranzo, mi hanno posto un problema: un problema con l’amore.
Però prima vi devo descrivere i miei colleghi: Vito ha cinquanta anni, separato, con una nuova compagna, una famiglia bella, originale, perché è una situazione di famiglia “allargata” felice. Infatti continua a vedersi con la ex moglie, e con l’attuale compagna fanno il pranzo di Natale tutti insieme. Poi ci sono due trentenni, Leana ed Alberto, fino a  qualche mese fa entrambi single, infatti  Leana da poco ha un fidanzato. E poi c’è Cecilia, la più giovane del gruppo, ma che sta lentamente scivolando verso i trent’anni ed è molto preoccupata.
Il problema serio riguardava proprio il matrimonio. Ad un certo punto Leana dice: “Come faccio a saper se con quella persona starò tutta la vita? Come faccio a saperlo? Allora è meglio non sentirsi obbligato a tornare a casa la sera dalla stessa persona, ma poter scegliere ogni giorno di tornare a casa da quella persona, la sera, perché lo desideri, perché lo vuoi. E come fai a saper se starai con lei per sempre?”
Io le ho detto: “Leana secondo me sbagli il problema. Il problema non è se tu starai insieme a questa persona per sempre. Il problema è se tu vorresti vivere con quella persona tutta la vita.” Mi sembra un episodio che vale la pena raccontare perché descrive una difficoltà interiore che nasce nel pensare i legami all’interno della società liquida. Perché in un contesto in cui le relazioni sono reversibili, sono sempre reversibili, come si fa a pensare alla relazione irreversibile per eccellenza che per noi è il matrimonio? Perché per noi, cristiani, la famiglia nasce da un atto che noi consideriamo irrevocabile: la scelta mia di te per sempre e tua di me per sempre esiste se è frutto di una scelta libera riconoscendo un amore che viene da Dio. E questo per noi è così, però se teniamo valide le premesse che io mettevo sul tappeto, proviamo a fare un passaggio ulteriore e non fermiamoci a questo versante prettamente matrimoniale, del legame che fa nascere la famiglia. Perché secondo me è interessante provare a fare un altro passo, renderci conto di come ci sia un altro atto irrevocabile, in realtà, che provoca il prendere corpo della famiglia. E questo sì che è veramente irrevocabile, perché lì non c’è scelta umana che tenga, dopo, una volta che questa cosa è successa. Questa cosa è la nascita, perché è il mettere al mondo un essere umano che genera il legame. E una volta che questa cosa è successa è per sempre. Perché se ti nasce un figlio da lì in avanti, per tutta l’eternità, quello  tuo figlio e tu, padre o madre sei. Qui non stiamo ancora parlando della portata del problema: se sarai un buon padre, se sarai una buona madre, se abbandoni il tuo figlio subito appena nato, perché non lo puoi mantenere e lui fa tutta una vita senza mai incontrarti. Non sto parlando della sostanza, sto parlando del fatto che questo è un dato irrevocabile ed è quello che genera la famiglia perché una volta che è successo, genera il legame familiare; una volta che è successo, è per sempre. È questo legame di sangue che fa di te un figlio, un fratello, un nipote, un cugino, un pronipote di qualcuno e sono i legami familiari.
Un altro dato che è importante ed è da ricordare è che essere famiglia è essere convivenza, perché non si ha famiglia senza convivenza. La famiglia è un luogo in cui, come diceva Leana, la sera torni, il luogo da cui parti ed è anche lo specchio che quotidianamente conferma a te stesso chi tu sia. È nell’incontro naturalmente rinnovato con chi costituisce il resto della tua famiglia che tu hai continuamente la conferma di ciò che tu sei. È una conferma che può essere purtroppo, comunque è così, nel bene e nel male, perché la famiglia ferita non può che generare, nelle persone, ferite e le ferite che ricevi in famiglia sono le ferite più grandi della vita, più gravi della vita, quelle da cui è più difficile guarire. Questo lo sa chiunque di noi abbia incontrato o abbia accolto in casa un minore che provenisse da situazioni di famiglia ferite, famiglie ammalate, famiglie distrutte. E purtroppo quando la famiglia è ferita, ritornare significa ricevere la conferma di ciò che sei anche come persona ferita, come figlio ferito.
Mentre invece sappiamo benissimo che la famiglia sana e forte dà alla persona che ritorna ogni giorno quella sicurezza fondamentale che le permetterà di stare in piedi di fronte alle prove più dure della vita. E questa esperienza, lo sappiamo tutti, davvero viene usata come specchio, infatti questa cosa la poteva dire chiunque di noi.
Allora la famiglia che naviga nella società liquida è costretta inevitabilmente a ricalibrare le sue figure, a ridefinire i diversi ruoli, le diverse figure che fanno della famiglia ciò che è. Cominciamo dalle madri: la madre della famiglia nella società liquida fa la madre, ma può ritrovarsi anche a fare un po’ il padre, perché ci sono situazioni familiari in cui il padre è latitante, assente o restio e refrattario a esercitare quello che, non solo la tradizione, ma anche la psicologia, attribuisce al padre come ruolo fondamentale, uno specchio di autorità indispensabile per potersi confrontare e crescere, quello che dà le norme e poi richiede che vengano rispettate, che distribuisce le sanzioni. A volte tocca alle madri fare oggi questa parte, perché magari il padre è fisicamente assente, può capitare, laddove la famiglia è disciolta e il figlio è affidato alla madre in maniera prioritaria, alla madre tocca anche rivestire questo ruolo. E poi ci sono le situazioni più complesse dove il padre è fisicamente presente, ma rispetto al ruolo è latitante. Secondo punto: la madre è la donna di un uomo, il marito, ma secondo il modello sociale e culturale, oggi prevalente, deve comunque tenere vivo e alto il suo potere seduttivo. Oggi il modello di donna è questo: la donna che ha un uomo, deve continuare ad emanare un fluido di donna seduttiva nel contesto  in cui si muove. Terzo punto: la donna è il pilastro della famiglia. Chi potrebbe mai negare questo? Che le nostre mogli, le nostre mamme sono i pilastri della nostra famiglia? Ma ha anche le sue debolezze. Quante donne oggi cercano il conforto dei figli per consolare, giustificare, le proprie debolezze? È madre e adulta, anagraficamente non si può dire diversa, ma magari può godersi ancora un po’ il proprio essere figlia. Quante donne, oggi, approfittano delle proprie madri, dei propri genitori, in generale, affidando, delegando a loro tutta una serie di responsabilità, di compiti che la quotidianità attribuirebbe loro? Guardate che non sto parlando di donne che lavorano, sto parlando di quelle situazioni in cui questa tendenza prende più spazio di quella che legittimamente dovrebbe prendere. È una donna che ha i suoi gusti, da persona adulta ma li può tranquillamente confondere con i gusti dei suoi figli. Oggi, diversamente da quando eravamo giovani noi, secondo me non esiste una musica dei grandi e una musica dei giovani. Oggi esiste una musica che si ascolta. I ragazzi volentieri ascoltano la tumtumtum, ci sono adulti che ascoltano volentieri la tumtumtum, ci sono ragazzi che riscoprono i Beatles, Simon&Garfunkel e tranquillamente li ascoltano. Una volta se tuo padre ti diceva: “A me piace Sissi” tu dicevi “Eh, ma quella è veramente roba da matusa”. Oggi invece scopri che i gusti si fondono, come per le mamme che si vestono come le figlie, più che le figlie che si vestono come le madri.
Passiamo al padre, alcune cose si rispecchiano… Il padre di oggi nella società liquida è padre, ma può anche spesso essere madre nei confronti dei suoi figli. C’è uno sviluppo forte della dimensione affettiva, per esempio, nei confronti dei più piccoli che una volta non c’era. Ci sono uomini che curano la casa e anche qui, badate, non sto parlando del giusto equilibrio, della collaborazione domestica tra tutti coloro che in casa vivono. Qui sto parlando di una delega in eccesso di responsabilità di cura nei confronti dell’ambiente familiare, dell’ambiente domestico, della casa stessa, che può capitare, può succedere in alcuni casi. Secondo: è l’uomo di una donna, ma deve tenere alto il suo potere seduttivo, bisogna essere belli, curati, attraenti. Quanti uomini oggi, nel muoversi nella loro vita quotidiana di lavoro, di relazione, portano la fede, ma poi in realtà si porgono e si comportano come se la fede al dito non ci fosse? Faccio un esempio concreto: mia moglie insegna a scuola, in una scuola superiore, e lei ha un collega che è sposato e che entra in sala insegnanti, prende la prima professoressa che gli capita e si mette a massaggiarle le spalle. Allora, per gente come noi, un comportamento del genere ci fa trasecolare. Questo è un esempio concreto, ma quanti si comportano così? Magari non fisicamente, ma nell’atteggiamento, nel modo di rapportarsi, perché sembra proprio che si debba essere così nella società liquida. Devi essere comunque seduttivo, anche se hai legami. Terzo punto: è padre e quindi adulto, ma può legittimamente rivendicare i suoi spazi e i suoi piaceri. “Io tutti i mercoledì sera, che piova o tiri vento, che nevichi o ci sia il sole, che mio figlio abbia quaranta di febbre o che stia benissimo, io gioco al calcetto, ragazzi! Ho il mio appuntamento e i miei spazi”. C’è chi dice che la differenza tra un uomo adulto e un bambino sia nei suoi giocattoli, fondamentalmente.  Quarto punto, importante: non ama deleghe e autorità a cui rifarsi. Prima, parlando delle madri, dicevo che a volte devono dare quell’autorità a cui i padri si sottraggono, però teniamo  anche conto che nella società liquida i padri di oggi non hanno modelli di riferimento e quindi hanno il problema di costruire una nuova identità di padre.
Passiamo alle figlie e ai figli. Il figlio, la figlia è “figlio”, ma può trovarsi anche a fare il padre o la madre. Conoscete anche voi situazioni in cui la figura adulta all’interno della famiglia è talmente labile che tante volte sono i ragazzi a prendersi carico della gestione della famiglia, della cura domestica, o addirittura a trovarsi a consolare i fratelli più piccoli, ad esercitare una cura genitoriale nei confronti dei fratelli più piccoli perché i genitori naturali non sono capaci di farlo o non hanno interesse a farlo, si sottraggono. Secondo: il figlio dice la sua, altroché se dice la sua, e spesso determina lui le scelte della famiglia secondo i suoi voleri momentanei, che possono essere il desiderio di un gioco, l’interesse di un momento, ma anche, per esempio, dove andare a passare le vacanze, e così via. terzo punto: il figlio padroneggia la tecnologia meglio dei suoi genitori e questo è molto interessante, anche per i suoi risvolti sul piano educativo e pedagogico. Come fai a controllare una cosa che non conosci, per esempio? Il figlio ha una visione del mondo digitale e non ha la visione analogica del mondo come molto probabilmente hanno i suoi genitori. Diciamo che per “visione digitale” intendiamo la possibilità di attingere momentaneamente a molti contenuti e di  rimontarli, mentre la visione analogica è quella che ha un procedimento lineare (prima c’è una cosa poi ne viene un’altra e poi ne viene una terza). Allora, effettivamente, i ragazzi di oggi sono nati e stanno crescendo con una visione del mondo digitale, a brandelli che vanno ricomposti e hanno difficoltà spesso a seguire percorsi lineari che vengono loro proposti. Ultimo punto, molto importante: questi ragazzi, questi figli un po’ cresciuti, anche quelli che hanno già raggiunto la maggiore età, quindi il figlio grande ha l’età della responsabilità e ha tutte le possibilità per esercitarla, ma ne viene tenuto lontano e resta dipendente. Il problema è molto serio, il problema è di una società che non dà spazio alle nuove generazioni nel governo della società e nell’esercizio della responsabilità,  a tutti i livelli: professionale, sociale, civile, politico.
Vado avanti, i nonni: i nonni sono “nonni”, ma si trovano talvolta ancora a fare i genitori dei nipoti nel caso in cui, purtroppo, i loro figli vivono una esperienza di famiglia rovinata o rotta, deteriorata e allora bisogna fare in modo che i nipoti ne soffrano il meno possibile, cosicché in alcuni casi i nonni di fatto fanno i genitori dei propri nipoti. Ma tante volte sono genitori dei propri figli senza la forza di lasciarli navigare con la forza delle loro braccia, senza il coraggio di lasciarli veramente a dibattersi con le loro proprie forze nell’oceano della vita. E infine, i nonni sono irrimediabilmente analogici.
Effatà è in una piccola palazzina in un paesino vicino a Pinerolo in provincia di Torino, noi occupiamo il primo piano e il secondo; nel pian terreno c’è un piccolo alloggio che i miei direttori affittano a un uomo anzianissimo che ha novantadue anni il quale, però, usa il computer e chatta con l’Argentina e prima di Natale è partito per tre mesi in Argentina. Penso però che siano davvero pochi gli anziani che riescono a rapportarsi con le nuove tecnologie, la maggior parte infatti penso che abbia obiettive difficoltà. Eppure in queste irrimediabili analogicità esercitano di fatto una cura affettiva nei confronti delle loro famiglie che fa di loro dei personaggi, in questo momento, fondamentali nella vita di tante famiglie del nostro paese.
Ho fatto dunque una descrizione abbastanza rapida di alcune figure familiari. Quello che è importante ricordare è che questa massa di realtà di persone concrete che si muovono intorno a noi, e che in parte siamo noi stessi, vive l’esperienza familiare nella carenza di riferimenti noti e di modelli riconosciuti. Allora che cosa capita? Che ogni famiglia, di fatto, si crea le sue regole, delineando così un suo profilo originale di famiglia. Se voi siete posti in un contesto che vi mette a contatto con molte persone vi rendete veramente conto che ce n’è di tutti i colori, cioè questa realtà familiare è declinata in una miriade di modalità diverse, perché ognuno veramente se la cuce a propria misura, ovviamente illudendosi che quella sia la migliore forma normale. Allora ti capita di incontrare realtà di famiglie che, viste dal di fuori, sono abnormi, al limite dell’assurdo. Vedi persone che sono in condizioni di vivere dei legami familiari che subiscono una realtà veramente al limite dell’incredibile, però per loro è normale che sia così, perché quello è il modello di famiglia che in qualche modo sono riusciti a costruirsi e che quindi vivono.
Ma io penso che ogni famiglia, così come si è costruita e delineata, oggi, in questa società liquida, inevitabilmente deve fare i conti con alcune esigenze profonde di ogni persona umana.
Quali sono queste esigenze? Riconoscersi nel’altro, perché l’altro ci dice chi sei. Allora qualsiasi marito, moglie, figlio fratello, nonno, zio, nel rapportarsi con gli altri membri della sua famiglia cerca il riconoscimento di chi è realmente. Oggi nella società liquida questo avviene. Altra esigenza: misurarsi con l’altro, cioè sfidare il confronto tra la tua visione del mondo, la tua esperienza del mondo e la visione e l’esperienza del mondo che l’altro porta con sé.  Misurarsi, verificarsi quindi, e ricevere la conferma, il rifiuto, la correzione, la scoperta di un punto di vista diverso, di una modifica possibile nel proprio essere uomo, nel proprio essere donna. Terza esigenza: essere persona amata senza condizioni, ed è qui il discrimine tra la famiglia sana e la famiglia ferita, a mio parere. La famiglia sana è il luogo in cui davvero ci si ama senza condizioni, dove, se tu sei mio figlio, puoi anche essere una carogna a livello di Barabba o di Giuda, ma non posso fare a meno di amarti. Quarta esigenza: avere un luogo su cui poggiarsi.
Io credo che queste quattro esigenze siano presenti oggi. E non è un caso che in questi anni si stiano moltiplicando le scuole per i nonni, per i genitori, i cicli di incontri su come capire i figli, perché queste quattro esigenze profonde sono realmente presenti e nell’assenza di modelli di riferimento la ricerca è inevitabile, necessaria. Chi è un minimamente avvertito di ciò, si rende conto che con le sue sole forze, ha grosse difficoltà a dare risposte a tutte le sfide che l’essere famiglia mette sul tappeto. E oggi esiste un enorme bisogno di ascolto e di accoglienza. Vi racconto due esempi che vengono dall’esperienza di mia moglie a scuola. Oggi i colloqui con i genitori a scuola sono, se l’insegnante è disponibile e attenta, in minima parte dedicati al rendimento scolastico e in massima parte dedicati ai problemi di rapporto tra genitori e figli. I genitori supplicano l’insegnante di consigliarli su come comportarsi con i loro figli, non sanno rispondere a un figlio che non vuole andare a scuola e domanda: “perché devo studiare?”. Io sono convinto che noi riusciremmo a dare un minimo di risposta ma tanta gente in giro non sa dare risposte e il massimo che riesce a dire è che bisogna diplomarsi per trovare un lavoro e avere i soldi per fare ciò che pare (la monetizzazione di un  progetto di vita).
Ma succede anche questo: mia moglie all’interno della scuola si è ricavata uno spazio in cui lei si mette in un’aula e i ragazzi sanno che possono andare a parlare con questa insegnante quando sono in difficoltà. Tanti ragazzi vanno lì e raccontano i problemi che si portano e si scopre che ci sono realtà familiari durissime. C’è una realtà di ascolto che si scontra, anche quando trova l’adulto disponibile all’ascolto, con una povertà di mezzi interiori che ormai i giovani hanno, per cui non riescono nemmeno a dare un nome alle cose che provano. Mia moglie ha cominciato a chiedere a questi ragazzi: “ma tu hai un sogno, qualcosa che non hai mai confessato a nessuno?” Alcuni rimangono perplessi perché non sanno nemmeno che si può sognare, altri raccontano il loro sogno… Una ragazzina di quindici anni che viene dalla Romania ha confessato che il suo sogno è quello di aiutare i più poveri ma non sa come fare, un ragazzo frequenta il tecnico industriale ma in realtà avrebbe voluto fare il cuoco. Scopri che in realtà dentro questi ragazzi i sogni ci sono,  e sono nel cuore.
Nell’affrontare il tema della famiglia tocchiamo il cuore della vita della gente, non soltanto il loro presente ma anche il loro futuro. Luigi Alici scrive che “se un marziano, per conoscere la nostra struttura sociale si accontentasse di vedere qualche film senza venire concretamente sulla Terra e abitare i luoghi reali dove si ama e si educa, dove si vive e si muore, non capirebbe come e perché questa società sta in piedi, non scoprirebbe il vero ammortizzatore sociale a costo zero che impedisce ai figli disoccupati di finire nella disperazione, che insegna ai fratelli a sperimentare la logica virtuosa della cooperazione oltre il mito utilitaristico della competizione, che permette ai nipoti di non rimanere soli quando i genitori sono al lavoro, che gli fa sperimentare l’affetto disinteressato dei nonni quando la famiglia in cui sono nati non esiste più o viene moltiplicata per due o per tre. Se in una società troppo solubile che reclamizza i solventi e non ama gli adesivi, non proprio tutto sta evaporando, probabilmente lo si deve a questa radice indissolubile della famiglia, di cui abbiamo bisogno come l’aria, e che le future generazioni dovranno imparare a onorare e a proteggere, non meno che lo stato dell’ozono o la foresta amazzonica.”
Dobbiamo avere la consapevolezza che quando parliamo di famiglia stiamo parlando di ciò che non permette alla nostra società di evaporare, di non passare allo stato fisico successivo. Se la nostra società non sta evaporando è perché la famiglia in qualche modo tiene. Molto si fa oggi ma molto si deve ancora fare rispetto a tre versanti: la preparazione dei giovani, remota rispetto alla vita della famiglia, la preparazione prossima alla vita della famiglia e la cura delle nuove famiglie che nascono. Perché anche in tante parrocchie, dove i corsi prematrimoniali si fanno benissimo, poi le famiglie fatte devono cavarsela da sole, invece probabilmente una frontiera della comunità cristiana passa anche attraverso la cura puntuale e paziente delle coppie che sono nate.

Relazione di ROBERTO FALCIOLA